Guardarsi negli occhi: Marina Abramovic e Fulminacci insegnano che fa bene all’anima e al cuore
18 persone che si siedono, l’una di fronte all’altra, e si guardano negli occhi senza dire una parola. Il video dell’ultimo singolo di Fulminacci, promettente cantautore della scena romana, si apre proprio con questa dichiarazione di intenti: il brano si intitola +1, racconta d’amore con le parole e per immagini ha voluto invece dimostrare cosa può succedere, lasciando che le persone ritornassero a parlarsi con lo sguardo.
Nel video si vedono coppie di perfetti sconosciuti, coppie insieme da pochi mesi, da anni, alcune da una vita. E poi coppie «scoppiate», ma che si sono riguardate in faccia per vedere se erano rimasti dei sospesi. Lasciando tutte le coppie occhi negli occhi per qualche minuto, si è potuto osservare l’esito: non ve n’è stata una che alla fine dell’esperimento sociale non abbia ristabilito o stabilito ex novo una connessione di qualche tipo, dall’abbraccio dei due sconosciuti, ma un abbraccio sentito e non di sfuggita, al bacio coinvolgente delle coppie affiatate, fino a quello riconciliante e condito da qualche lacrima della ex coppia, che evidentemente non aveva finito di dirsi il bene che c’era stato e che c’è.
Il guardarsi negli occhi, tecnicamente definito in inglese eye gazing, che più precisamente starebbe per il fissarsi negli occhi, senza distogliere lo sguardo, ha un potere innegabile e altamente terapeutico: riesce, senza bisogno di verbalizzare, a tirare fuori quelle che spesso a parole non si riesce a dire, rafforzando o stabilendo un legame difficile da nascondere.
Nel 1997 lo psicologo Arthur Aron utilizzò questa tecnica, preceduta da 36 domande studiate ad hoc, da somministrare a entrambi i componenti – tra di loro sconosciuti – delle diadi sottoposte all’esperimento, per provare che bastano i quesiti giusti e poi guardarsi negli occhi per 4 minuti per innamorarsi. Ebbene, dopo 6 mesi una di queste coppie ha convolato a nozze e la maggior parte di queste ha scoperto di avere una forte intesa.
Emblematico l’episodio che coinvolse la performer Marina Abramovic durante la mostra personale The artist is present, tenutasi al MoMa di New York nel 2010: l’artista, seduta immobile a un tavolo, attendeva chiunque volesse sederle di fronte per un intenso minuto di eye contact, in cui non era previsto alcun contatto se non quello visivo. Abramovic guardò negli occhi più di 850 mila persone, ma una in particolare la smosse al punto da commuoversi e da infrangere la regola del divieto di contatto fisico: quando a quella sedia si sedette Ulay, suo compagno di vita e d’arte per 12 anni. I due non si parlavano da oltre vent’anni, dopo aver separato i propri cammini, di vita e professionale, per controversie lavorative e sentimentali. Ebbene, senza dire una parola, i due si sono detti tutto l’amore che ancora c’era, forse tramutatosi in stima, forse mai del tutto estinto. Ulay poi morì di cancro nel 2020, mentre Abramovic ancora oggi porta nel mondo la sua arte, spesso provocatoria, sempre raffinata.
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