Società

Globalista: Se l’America va in recessione sarà un problema per tutti

Questo articolo è pubblicato sul numero 18 di Vanity Fair in edicola fino al 29 aprile 2025

Subito prima di Pasqua, la Cina ha smesso di comprare gas naturale liquefatto – quello che si trasporta via nave – dagli Stati Uniti: una scelta inevitabile e razionale, con dazi al 49 per cento sulle importazioni americane non era più conveniente.
Le guerre commerciali sono fatte così: le varie parti mettono dazi e controdazi come se i flussi commerciali fossero immutabili, ma poiché i dazi sono tasse che fanno salire il prezzo finale delle merci colpite, appena entrano in vigore l’economia reagisce, si adegua.

Se i cinesi non compreranno più il gas americano, gli europei potranno acquistarlo a prezzi più bassi, perché la domanda non è cambiata ma l’offerta sì, le navi gasiere che prima andavano verso la Cina ora devono trovare altri sbocchi.
Se guardiamo il prezzo del gas sul mercato europeo di Amsterdam, dove si scambiano i contratti sugli acquisti futuri di gas (future), si vede che il prezzo sta crollando: da 58 euro per megawatt/ora di febbraio ai 35 di oggi. E questa è una buona notizia per l’industria europea.

Anche il petrolio è in calo, a gennaio era sopra gli 80 dollari, ora oscilla sotto i 70. Se scende ancora, gli investimenti auspicati da Donald Trump per trivellare ovunque negli Stati Uniti non ci saranno, perché non risulteranno convenienti.

Il ritorno del protezionismo, con i dazi di Trump e i contro-dazi dei Paesi colpiti, ha già un impatto pesante sulla globalizzazione, il calo dei prezzi dell’energia è il segnale che le cose sono serie e che la crescita sta rallentando. Secondo le ultime stime dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), ormai poco più che un centro studi visto che le sue regole vengono sempre violate, per effetto delle guerre commerciali lo scambio di beni a livello mondiale potrebbe ridursi dell’1,5 per cento nel 2025. È una contrazione pesante, che colpirà soprattutto le economie che affidano la propria crescita alle esportazioni.

Il dato più sorprendente è l’effetto della guerra commerciale in Nord America, quindi Stati Uniti e Canada: quest’anno le esportazioni caleranno del 9,6 per cento, e questo era prevedibile perché i dazi servono proprio a ridurre la dipendenza dall’estero e stimolare la produzione domestica. Ma le esportazioni diminuiranno ancora di più – 12,6 per cento –, a conferma che il protezionismo fa soltanto danni: poiché i dazi compromettono i rapporti con i partner commerciali, chi entra in una guerra commerciale soffoca la propria economia invece che proteggerla dalla concorrenza esterna per renderla più competitiva. Ovviamente tutti questi numeri possono cambiare, visto che Trump prende decisioni improvvise che alterano il contesto in modo brusco.

Quello che sicuramente non cambierà è l’incertezza che ormai investitori e imprese hanno accettato come caratteristica di questa fase: se il futuro è imprevedibile perché ostaggio degli umori del presidente americano, gli investimenti si paralizzano e il rischio aumenta, dunque sale il costo del debito Usa e dei finanziamenti a imprese e famiglie.
Dunque, una recessione dell’economia americana diventa quasi inevitabile. E se si ferma la prima economia del mondo è un problema per tutti.

Per abbonarvi a Vanity Fair, cliccare qui.


Source link

articoli Correlati

Back to top button
Translate »