Gianna Nannini: «La morte è obbligatoria, l’età facoltativa. Ho 41 anni ma per mia figlia sono boomer»
Ripubblichiamo la cover di Gianna Nannini, pubblicata sul numero 14 di Vanity Fair di aprile 2024, una di quelle che i nostri lettori hanno amato di più.
Di che vogliamo parlare? Non sono mica tanto brava nelle risposte», dice Gianna Nannini. Tergiversa, è un po’ agitata ma anche divertita, mi fa ascoltare Hold The Moon, versione inglese di Sei nell’anima, parlando di una delle contestazioni della figlia Penelope, 13 anni – «dice che sono stonata se canto in inglese» – che in questo momento è a scuola. Nello studio milanese dove ci incontriamo però non siamo sole: c’è Kurt Cobain in formato statuetta, accanto una foto di lei a tavola con sua mamma e Penelope, piccolina.
Un pianoforte spunta dalla cucina, Janis Joplin è pronta a partire nel juke box, e su di noi troneggia la gigantografia di un suo ritratto, da ragazza.
La solitudine che ha provato da bambina e il dolore che ha attraversato a trent’anni, invece, non ci sono più. Fanno parte della prima parte della sua vita. Nella seconda, Gianna Nannini è diventata un’icona. Quando mi accoglie senza occhiali, con poco trucco, una T-shirt a righe, ci sono solo i pantaloni di pelle nera a rassicurare il mondo che sì, siamo di fronte a una leggenda del rock italiano. Ha appena pubblicato il suo ventesimo album, Sei nel l’anima, che nasce da un desiderio. «Dopo aver registrato il precedente a Nashville, volevo fare un disco di cover con le grandi hit americane di origine soul, ma in italiano e con la mia voce», spiega. «Dovevo quindi chiedere i diritti di Bob Dylan, Etta James, Janis Joplin, e poiché dagli eredi spesso i diritti sono venduti a grosse società discografiche, vado a Los Angeles in questo palazzone a discutere con i proprietari. Ho spiegato il mio progetto ma nulla, a loro non fregava niente. Quindi mi sono detta: faccio un disco soul, d’anima, mio. Ed è nato Sei nell’anima, avevo già il titolo pronto». Un disco pieno di sorprese, che ti colpisce con Bang ma ti accarezza con Mi mancava una canzone che parlasse di te, chitarra e voce, a chiudere l’album. Si sente tutta la forza di Gianna Nannini, che, nel frattempo, sta per compiere settant’anni, il prossimo giugno. Ma se glielo chiedi ti corregge: «No, ne ho 41».
Come, 41?
«Sono nata nel 1983, senza genere. E questo lo dico subito per evitare la solita domanda se amo le donne o gli uomini, ho già risposto, ho amato donne e uomini».
Nel 1983 stava registrando Puzzle, il disco che le ha dato il successo e che conteneva «questo amore è una camera a gas» di Fotoromanza…
«Sì, c’è un prima e un dopo il 1983. Nel 1983 sono morta e poi nata di nuovo, e oggi quindi ho 41 anni».
Com’è stata la prima parte della sua vita?
«Dolorosa. Ci sta dentro il rapporto conflittuale con mio padre, che sperava restassi a casa a lavorare nell’impresa dolciaria, poi la fuga a Milano e l’inizio nella musica, il successo in Germania. Mi chiedevano sempre di scrivere delle “hit”, ma non si scrivono a comando, infatti sono arrivate quando dovevano. Ma il problema è che questa pressione mi ha creato un tilt celebrale, e la “follia” è qualcosa di terribile perché non disponi più di te stesso, di un matto si approfittano tutti, cosa che mi è successa».
Che cosa pensa quando Sangiovanni dice che si ferma perché sta male?
«È giovanissimo, è stressato, mi sembra una persona onesta che dice che non ce la fa più. A me è capitata una cosa diversa».
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