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Fine della tregua, raid israeliani su Gaza: «Oltre 330 morti»

Crolla la tregua tra Israele e Hamas in Medio Oriente. Israele ha lanciato stanotte nuovi raid aerei sulla Striscia di Gaza, con il premier israeliano Netanyahu che accusa Hamas di non voler rilasciare gli ostaggi e respingere le proposte dei mediatori. Centinaia i morti e decine i feriti, secondo fonti palestinesi. Usa e Stato ebraico avvertono che si scatenerà “l’inferno” contro i terroristi.

Ministero Sanità Gaza, oltre 330 i morti in raid israeliani

Il bialncio delle vittime dei raid notturni si fa di ora in ora più drammatico. Secondo il direttore del ministero della Sanità della Striscia, Mohammed Zaqout, i morti sono saliti “ad almeno 330, per la maggior parte donne e bambini palestinesi, mentre i feriti sono centinaia”. . Secondo quanto appreso dall’Afp da due fonti del movimento di resistenza islamico, tra le vittime c’è anche il generale di divisione Mahmoud Abu Watfa, che era a capo del ministero dell’Interno del governo di Hamas.

Il premier israeliano ha dato ordine di attaccare Gaza dopo “il rifiuto ripetuto di Hamas di rilasciare i nostri ostaggi e dopo il rifiuto di tutte le proposte che ha ricevuto dall’inviato del presidente americano Steve Witkoff e dai mediatori”. In una nota diffusa dall’ufficio del premier, si afferma che “Israele, da ora in poi, agirà contro Hamas con crescente forza militare”. La Casa Bianca dal canto suo ha confermato che Israele ha consultato l’amministrazione americana prima di lanciare la nuova ondata di raid.

Hamas: “Netanyahu sacrifica ostaggi, cerca salvezza politica”

Un alto funzionario di Hamas ha sottolineato che Israele ha deciso di sacrificare i suoi ostaggi, rilanciando stanotte massicce operazioni militari nella Striscia di Gaza dopo la tregua raggiunta a gennaio. La scelta del premier Benjamin Netanyahu “di riprendere la guerra è la decisione di sacrificare i prigionieri dell’occupazione e imporre loro una condanna a morte”, ha affermato Izzat al-Rishq aggiungendo che Netanyahu sta usando i combattimenti nell’enclave palestinese come una “scialuppa di salvataggio” politica per distrarre dalle crisi interne dello Stato ebraico.


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