Festival del giornalismo 2025 tra disinformazione, guerre e democrazia: «Stampa come forma di resistenza»
di Danilo Nardoni
Un Festival internazionale del giornalismo come momento per creare anche un network che inizi a pensare a un giornalismo come forma di «resistenza» verso un potere «che manipola e distorce attraverso la disinformazione»: così ha presentato l’evento, durante l’annuncio del programma della 19/a edizione che si svolgerà a Perugia dal 9 al 13 aprile, la co-fondatrice e direttrice Arianna Ciccone. «Dobbiamo essere consapevoli di questo – ha affermato – perché la prima forma di guerra che regimi autoritari come quello di Putin stanno portando avanti da anni è la guerra ibrida all’informazione con campagne di disinformazione. Ora c’è uno scatto, perché non siamo abituati a vedere tutto questo anche da parte di un presidente di un paese democratico come gli Stati Uniti».
Un momento delicato Per Ciccone quindi il momento è «delicato» e c’è bisogno di unire le forze: «Serve una società civile impegnata che sostenga il giornalismo indipendente e quello impegnato in prima linea, perché come cittadini dobbiamo essere consapevoli di quello che sta succedendo». E con la bandiera dell’Europa portata in conferenza stampa, per gli organizzatori del Festival il richiamo alla manifestazione di sabato scorso a Roma era inevitabile: «Questo è un momento delicato politicamente – ha commentato Ciccone – e al di là delle differenze e dei confronti non possiamo non sentirci europei. Quella piazza, anche con tutte le sue contraddizioni e criticità che sono arrivate dal palco, è stata importantissima perché il messaggio più grande viene proprio dalla piazza stessa, dalla partecipazione. Le persone hanno bisogno di questo, devono sentire che c’è una battaglia comune da portare avanti».
Difesa delle democrazie «Il mio parere – ha poi aggiunto – è che la questione del riarmo doveva essere lasciata fuori dalla manifestazione, con l’unico messaggio forte e chiaro che doveva essere solo quello della difesa delle nostre democrazie liberali e dell’Europa dall’attacco che Trump ha fatto, allineandosi anche a Putin». E proprio questa preoccupazione a livello globale «per l’allineamento e per le ripercussioni che l’amministrazione Trump avrà sulla sanità, sulla scienza, sul clima, sugli equilibri mondiali» sarà al centro di diversi incontri del Festival del giornalismo. Chi conosce a fondo le dinamiche della Casa Bianca è Julie Pace, direttrice esecutiva Associated Press, due volte Premio Pulitzer, che a Perugia parlerà anche di come con l’insediamento di Trump, il rapporto tra stampa e presidenza sia cambiato radicalmente. Ospite sarà anche un altro Premio Pulitzer, nel 2024 per la saggistica, Nathan Thrall.
Premi Nobel e non solo Tra gli speaker internazionali di questa edizione sono attesi anche Maria Ressa, vincitrice del Premio Nobel per la Pace 2021, simbolo globale della lotta per la libertà di stampa e contro la disinformazione, perché perseguitata e arrestata dal governo filippino per le sue critiche all’ex presidente Rodrigo Duterte. In arrivo pure Yuval Abraham, giornalista investigativo e regista, Premio Oscar 2025 per il documentario No Other Land (che sarà proiettato al Festival), il film che documenta l’opposizione di attivisti palestinesi alla distruzione dei loro villaggi nativi in Palestina e Cisgiordania. A Perugia interverranno anche Alsu Kurmasheva, una giornalista di Radio Free Europe/Radio Liberty che ha pagato con la prigione il suo impegno per la libertà di stampa in Russia, e Olga Rudenko, pluripremiata direttrice del Kyiv Independent e testimone della resistenza informativa in Ucraina.
I nomi Imprigionata, torturata e costretta all’esilio, sarà presente anche la messicana Lydia Cacho Ribeiro, tra le giornaliste investigative più premiate al mondo e una delle voci più autorevoli nella difesa dei diritti umani. Inoltre, incontreranno il pubblico del Festival pure Hadi al-Khatib, esperto di tecnologia e giornalismo investigativo, Christina Assi, foto-giornalista libanese simbolo della resilienza, Mona Eltahawy, una delle voci più dirompenti del femminismo contemporaneo, Zahra Joya, voce che ha dato visibilità internazionale alla drammatica condizione femminile in Afghanistan, e Christopher Wylie, il whistleblower che ha rivelato lo scandalo di Cambridge Analytica. Sotto la lente di osservazione del Festival c’è anche la «mistificazione dei media», in riferimento a Elon Musk.
Gli incontri Atteso è anche il dialogo tra Jason Rezaian e Cecilia Sala, entrambi imprigionati in Iran con l’accusa di spionaggio per aver semplicemente svolto il loro mestiere. Un incontro che vuole essere «un monito e un appello alla libertà di stampa». Nel fine settimana conclusivo del festival, dal pomeriggio di sabato 12 aprile, il programma in lingua italiana ospiterà infine alcune delle voci più autorevoli del panorama giornalistico, accademico e culturale italiano, per affrontare temi centrali del nostro tempo. Soprattutto si parlerà delle guerre in atto e della conseguente crisi del diritto internazionale. Tra giornalisti, scrittori e comunicatori politici, sono attesi inoltre Francesca Mannocchi, Nello Scavo, Roberto Saviano (porterà a Perugia un monologo esclusivo dal titolo «Resistere!»), Stefania Battistini, Lucia Goracci, Benedetta Tobagi, Marco Damilano, Viviana Mazza, Dino Amenduni, Annalisa Cuzzocrea.
Edizione speciale «Disordine e disinformazione mondiale» saranno dunque tra i temi più importanti al centro dell’edizione 2025. Presentando il programma lunedì alla stampa Ciccone e Christian Potter hanno sottolineato come Perugia torni a essere un punto di riferimento globale di riflessione e discussione. Una «edizione speciale per un momento storico importante» è stata definita da Ciccone e Potter. A preoccupare è soprattutto «la deriva autoritaria che arriva anche dal nuovo asse Trump-Putin», ma anche «il giornalismo tradizionale e la libertà di informazione che sono sempre più sotto attacco». In tutto saranno oltre 500 gli speaker impegnati in più di 200 panel.
Guerre e non solo Attraverso dibattiti, reportage e testimonianze dirette, verranno analizzate le implicazioni dei conflitti in corso in Medio Oriente, Europa, Africa e Asia, con particolare attenzione alle situazioni in Ucraina, Palestina, Sudan e Siria, e al loro impatto sul diritto internazionale e sui diritti umani. Al centro del programma: le guerre, la crisi del diritto internazionale, il crollo globale del finanziamento al giornalismo, accelerato dalla sospensione dei fondi Usaid; la crisi della libertà di stampa, tra leggi repressive e attacchi ai media indipendenti; la manipolazione dell’informazione nell’era dell’Ia, con piattaforme che ridefiniscono la realtà stessa; la pressione degli oligarchi nei media e il declino dell’editoria indipendente; le inchieste giornalistiche che sfidano il potere, dai crimini di guerra in Ucraina ai regimi repressivi nel Medio Oriente; le donne nel giornalismo investigativo e il coraggio di raccontare storie censurate.
Dal clima ai “broligarchi” Si discuterà anche del ruolo cruciale dell’informazione nella crisi climatica e il dibattito toccherà inoltre il tema della fiducia nel giornalismo e delle strategie per riconquistare il pubblico in un’epoca di polarizzazione e campagne di disinformazione su larga scala. Come di consueto sarà dedicato spazio ai temi dei diritti umani, esplorando il legame tra giornalismo e giustizia sociale: dall’uguaglianza di genere alla rappresentazione delle minoranze nei media, alla denuncia della violenza sessuale nei contesti di guerra e repressione. Fino a identificare e analizzare la nuova era dei “broligarchi”, la stretta élite di miliardari tecnocrati che ridefinisce gli equilibri del potere tra media, tecnologia e politica.
Le istituzioni «Dall’Umbria si alza ancora una volta una voce di libertà», ha detto la presidente della Regione, Stefania Proietti, sottolineando l’importanza di strumenti critici per affrontare la complessità dell’attualità. Anche la sindaca di Perugia, Vittoria Ferdinandi, ha evidenziato il valore dell’evento: «Un festival che interpreta l’anima della città, fondata sulla cultura, il sapere e la verità». Tommaso Bori, vicepresidente della Regione, ha parlato di un evento «che si allarga e si ringiovanisce sempre», mentre Ciccone ha ribadito il legame profondo tra il festival e Perugia: «È il più grande d’Europa, ma a me piace dire che è il più amato al mondo».
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