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Federica Lucà, che racconta lo spettro autistico contro pregiudizi e luoghi comuni: «Il primo? Che non siamo empatici»

In Italia la percentuale della popolazione interessata direttamente da un disturbo dello spettro autistico corrisponde all’1% del totale (1 su 100 persone), ovvero a circa 500.000 individui (dati Angsa, Associazione genitori di bambini con autismo). L’autismo è un disturbo del neuro sviluppo, meglio definibile al plurale come insieme dei disturbi dello spettro autistico (o ASD, acronimo inglese di Autism Spectrum Disorder).

Lo spettro infatti comprende un’ampia forbice di sintomi, livelli di abilità e disabilità, che possono influire o meno nell’autonomia quotidiana e di vita. «Chiariamo subito», dice la Autism Coach e autrice Federica Lucà: «l’autismo non è una malattia, ma una condizione: la persona rientrante nello spettro autistico nasce e cresce con una struttura neurologica differente rispetto a quella delle altre persone». Ed è proprio questa diversità di struttura mentale a coinvolgere linguaggio e comunicazione, e a causare, nella persona autistica,  difficoltà di interazione sociale, interessi ristretti e comportamenti ripetitivi.

Federica è lei stessa una persona con un disturbo dello spettro autistico e attraverso il suo account Instagram @aspergeritaliaofficial porta avanti un’azione di divulgazione e sensibilizzazione sui disturbi dell’autismo in modo molto efficace: i suoi post e reel, tutti caratterizzati da uno stile facile e leggero catturano l’attenzione anche delle persone che non convivono con questa condizione e non la conoscono, ma desiderano saperne di più.

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«È fondamentale sensibilizzare sui temi dell’autismo e di tutti i disturbi dello spettro autistico, e far conoscere alle persone non autistiche il perché di determinati comportamenti», spiega Federica. «C’è ancora una scarsa conoscenza di questa condizione e il non essere capiti è per tutti noi forse la maggior causa di sofferenza».
Dopo essersi sentita per anni sbagliata e diversa, solo a 25 anni Federica ha finalmente ricevuto la diagnosi di Sindrome di Asperger, «che in realtà non si chiama più così, perché viene ora catalogata semplicemente come uno dei disturbi che rientra nello spettro dell’autismo.

Per questa sua condizione a lungo senza nome, Federica da ragazzina è stata anche bullizzata «perché non comunicavo, almeno non in modo convenzionale, quindi venivo percepita come diversa. Gli altri compagni e compagne mi isolavano e facevano cose anche poco carine, tipo organizzare uscite senza che io lo sapessi, in modo da non dovermi invitare». Quando poi si affaccia al mondo del lavoro, «tutto diventa problematico, anche dal punto di vista professionale: infatti perdo diversi incarichi. A questo punto ho pensato di dover andare in fondo alla questione e capire cosa mi stava succedendo».
Già al tempo delle scuole medie, Federica aveva visto diversi psicologi, «ma l’unica cosa che avevano saputo dirmi era che avevo la depressione. Inizio allora a fare una ricerca approfondita sui miei sintomi, finché capisco di avere quella che, all’interno dei disturbi dello spettro autistico, veniva chiamata Sindrome di Asperger (per intenderci, la tipologia di disturbo con cui convive Greta Thunberg)». «Attualmente – spiega – tale etichetta non esiste più perché questa tipologia non è più considerata una diagnosi a sé, ma rientra nel più ampio spettro autistico».

Dal 2021 Federica, vincendo la sua timidezza, inizia a fare reel dove parla in prima persona di luoghi comuni sull’autismo, portando come esempio situazioni quotidiane del suo vissuto. Questa modalità attira ancora più utenti sul suo account Instagram e proprio dal raccontare l’autismo attraverso la propria esperienza nasce il libro che è un po’ biografia, un po’ manuale, un po’ guida pratica: Lo spettro che non fa paura, ed. Do it human, è capace di scardinare le nostre certezze e insegnarci ad abbandonare i pregiudizi e a smantellare gli stereotipi ancora esistenti sullo spettro autistico.

Sapete, per esempio, qual è il più comune stereotipo/pregiudizio sulle persone autistiche? «Che non siamo empatici. In realtà siamo persone molto sensibili, ma lo siamo in un modo che non viene capito e che, proprio per questo, tende a essere giudicato».

Basta veramente poco per comunicare efficacemente con una persona autistica. «Innanzitutto, non essere giudicanti. E non partire dall’idea che quella persona fa cose strane: perché, se ci pensiamo, chi è che non fa cose strane? La seconda cosa è relazionarsi nel modo in cui la persona autistica vive l’autismo: se si ha a che fare con una persona non verbale o molto poco verbale, è necessario concentrarsi sull’oggetto terzo su cui anche la persona autistica è concentrata (una palla, una coperta o qualsiasi altro oggetto). Se invece la persona autistica è verbale o molto verbale, si può interagire quasi normalmente, parlando. Ma ricordandosi sempre che il codice comunicativo è diverso: una delle difficoltà che abbiamo è cogliere il non detto, ad esempio l’ironia o il doppio senso. Quindi è necessario essere il più diretti e sinceri possibile».

A questo proposito, conclude Federica, «su Instagram come nel libro, spiego che la diversità delle persone autistiche non è da temere, ma da accogliere, perché è proprio la diversità che rende l’umanità più ricca ed è proprio la diversità che, se ci pensiamo, ci ha fatto progredire».




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