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Elon Musk e l’ossessione per gli stereotipi della destra transfobica

Non è la prima volta che Elon Musk mostra la sua ossessione transfobica. Il numero 2 più ricco al mondo, ha infatti di recente annunciato che trasferirà due delle sue principali attività, il social network X e l’agenzia spaziale privata SpaceX, dalla California al Texas, perché contrario al Safety Act a protezione dei bambini LGBTQIA+ voluto dal governatore dem Gavin Newsom. Una legge che protegge la comunità trans a scuola e che secondo Musk «mina i diritti dei genitori mettendo a rischio i bambini a danni permanenti». Per ribadire il concetto, Musk ha rilasciato un’intervista a Jordan Peterson del Daily Wire in cui è tornato a parlare di sua figlia Vivian Jenna Wilson, che ha iniziato il percorso di transizione di genere nel 2022 e che lui comunque continua a definire utilizzando il genere maschile.

Oltre ad avere detto di essere stato ingannato a firmare i documenti con cui autorizzava l’intervento chirurgico per la riassegnazione del genere di Xavier, ha ribadito la sua intenzione a «distruggere la cultura malvagia trans». «Sono stato indotto a firmare documenti per uno dei mie figli più grandi, Xavier. Questo prima di capire cosa sarebbe accaduto. C’era il Covid e c’era molta confusione e mi è stato detto che se non avessi firmato, Xavier avrebbe potuto suicidarsi», ha raccontato Musk. «Mi hanno ingannato». In risposta, Vivian Jenna Wilson ha iniziato a fare smentire alcune frasi scritte da Musk su X nel corso del tempo. A partire da quello più noto in cui il patron di X scriveva che sua figlia fosse «nata gay e leggermente autistica, due condizioni che contribuiscono alla disforia di genere. Lo sapevo da quando aveva 4 anni e mi portava vestiti da indossare poi commentava dicendo che era “favoloso”, così come la passione per la musica e il teatro. Ma non era una femmina». Una messa in fila degli stereotipi più cari alla destra transfobica.

La figlia Vivian ha iniziato quindi parola per parola a smontare le frasi di Musk sottolineando che niente di quanto lui descrive è mai realmente accaduto, «semplicemente perché lui non c’era». Ma la fabbrica degli stereotipi cara a Musk è molto ricca e piace tanto alla destra che, dimenticando all’occorrenza che Musk è diventato genitore anche grazie alla gestazione per altri, non manca di prenderlo a modello e invitarlo, come accaduto nell’ultima edizione di Atreju a Roma, in quanto ospite d’onore alle sue kermesse.

«Elon Musk è un’esponente di questa destra transfobica intesa come una destra che è partita dalla volontà di opprimere ogni tentativo di autodeterminazione anche sui corpi, anche sulle identità e sui generi e ne è diventata poi l’espressione più patologica e tossica», commenta Roberta Parigiani, 34 anni, avvocata e portavoce politica oltre che attivista del Movimento identità trans (Mit). «Elon Musk incarna esattamente questo tipo di visione e di mondo senza considerare che va a esternare questi stereotipi proprio in periodo di campagna elettorale. Probabilmente perché oltre ad esserne un convinto sostenitore ha anche una strategia politica di supporto che lui non ha mai nascosto a ideologie del tutto analoghe a quelle di Donald Trump».

Nel 2022 Vivian Jenna Wilson 2022, a 18 anni, aveva chiesto l’approvazione del tribunale della California per cambiare il suo cognome spiegando che non desiderava essere più imparentata in nessun modo con il suo padre biologico. E dopo le ultime dichiarazioni del padre ha deciso di rilasciare anche lei un’intervista per rispondere a quelle frasi. «Dalle parole sembra molto chiara la radice di questa sua ossessione transfobica», continua Roberta Parigiani. «Nell’ego che lo contraddistingue c’è il controllo e il controllo delle persone, un controllo che lo fa assomigliare a quel padre padrone che il patriarcato ci ha sempre descritto e che lui incarna a pieno. Sotto c’è un problema di incapacità a riconoscere le libertà altrui, in questo caso la libertà della figlia di autodeterminarsi in un genere. Musk non lo accetta perché nel farlo sua figlia gli sottrae quel potere sovradeterminante che un maschio fa fatica a togliersi di dosso. Tutto questo ci racconta di un padre che probabilmente non ha mai voluto fare il padre perché le identità non ingannano nessuno e nessuna. Se lui avesse avuto a cuore la figlia, avrebbe saputo fin da subito in che direzione si muoveva il suo desiderio».

Nell’intervista rilasciata, Musk ha parlato poi di Vivian come un figlio morto, parlando a sproposito del dead name e mostrando la totale non comprensione affrontato da sua figlia e da tutte le persone che intraprendono percorsi di transizione di genere. «Le parole che Elon Musk pronuncia, al netto della sofferenza che possono produrre in una figlia, sono parole che vanno a ledere non solo lei ma tutta la comunità trans oppressa dentro retoriche patologizzanti, o che ci vedono come vittime o che ci vedono come persone nate in corpi sbagliati. Queste dialettiche invece che andare a capire il vero nodo della questione che è l’autodeterminazione ci continuano a costringere in scenari che non fanno bene a nessuno e a nessuna. Non si muore e non si rinasce ma si vive un percorso esperienziale che va a creare una consapevolezza nuova. Le persone trans non sono vittime di una manipolazione, sono sempre esistite. È del tutto fuorviante dire che oggi le persone trans siano di più in funzione di un contagio sociale come viene detto anche nel nostro Paese. Se ci contiamo di più è perché abbiamo più strumenti per riconoscerci, ha un ruolo in questo la capacità della coscienza civica di riconoscere e accogliere le pluralità. Non è manipolazione è dare strumenti e questo io lo chiamo progresso».


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