Economia

Effetto domino della crisi Volkswagen: anche l’indotto chiude le fabbriche

ROMA — Si allarga la crisi dell’auto in Germania. Il grande malato, il gruppo Volkswagen, che ha annunciato un taglio dei posti di lavoro e degli stabilimenti, sta contagiando anche la filiera. Il fornitore tedesco Schaeffler, una multinazionale da circa 120 mila dipendenti, ha annunciato la riduzione di 4.700 posti di lavoro in Europa, oltre alla chiusura di due fabbriche. E non si tratta dell’unica notizia negativa. Anche il gruppo degli pneumatici Michelin in Francia, entro l’inizio del 2026, ha annunciato che chiuderà due stabilimenti. Una scelta che interesserà 1.254 dipendenti. Mossa che fa parte di un piano di riorganizzazione pensato per rispondere alla scarsa domanda in Europa e all’agguerrita concorrenza dei produttori asiatici a basso costo. Il gruppo del Bibendum chiuderà prima i siti di Cholet e Vannes, causa crollo delle vendite delle gomme per camion e furgoni.

In Italia preoccupa la cura dimagrante di Schaeffler, che ha tra i suoi clienti i principali gruppi automobilistici e che ha appena chiuso la fusione con un altro gruppo tedesco, Vitesco. Proprio da questa operazione, mirata ad un’accelerazione nel campo dei veicoli elettrici, il gruppo tedesco specializzato nella produzione di cuscinetti e altri componenti meccanici per l’automotive si aspetta sinergie importanti. A cui si aggiungono, però, i tagli annunciati. La riduzione del personale si rende necessaria, secondo Schaeffler, perché «si tratta della risposta dell’azienda a un ambiente di mercato difficile, alla crescente concorrenza globale e alla trasformazione in corso, in particolare nell’industria degli equipaggiatori automobilistici».

Il piano corrisponde al 3% degli addetti del gruppo che impiega 120.000 persone. Genererà 290 milioni di risparmi entro la fine del 2029. Dei 4.700 dipendenti tagliati, 2.800 saranno nei dieci siti produttivi in Germania, ma Schaeffler considera di intervenire anche sulle altre sedi europee, di cui due saranno chiuse. La scelta entro la fine dell’anno, anche se si teme che una possa essere in Italia. Nel mirino potrebbe finire lo stabilimento di Momo del Novarese, vicino alle due sedi commerciali di Novara e Milano. Non fanno parte invece del perimetro gli stabilimenti toscani ex Vitesco: siti che non sono finiti sotto il gruppo dei cuscinetti, ma sotto la Dumarey Group (ex Punch) che produce motori. Michelin in Francia adotterà tutte le misure per gestire uscite soft: «Tutti i dipendenti colpiti beneficeranno di un sostegno individuale per aiutarli a costruire un nuovo futuro», assicura.

Il quadro in Volkswagen non accenna a migliorare e i conti dell’ultimo trimestre di Audi indicano che la situazione è difficile. Il marchio fiore all’occhiello del gruppo di Wolfsburg ha registrato un massiccio calo degli utili: meno 91% a 106 milioni di euro. Secondo il direttore finanziario di Audi, Jürgen Rittersberger, il fattore decisivo per lo scarso risultato è il calo delle vendite e la «concorrenza sui prezzi molto intensa in Europa e Cina». Hanno avuto un impatto negativo anche gli accantonamenti per un totale di 1,2 miliardi di euro per lo stabilimento Audi di Bruxelles. Impianto che l’azienda prevede di chiudere o cedere. Il fatturato di Audi nel terzo trimestre è stato di circa 15 miliardi , il 5,5% in meno rispetto al 2023. Le vendite del marchio Audi sono diminuite del 16% a circa 403.000 veicoli. Conti che potevano essere ancora più neri se non ci fosse stato l’aumento delle vendite del marchio di lusso italiano Lamborghini. Arriva un segnale positivo dalle vendite in Germania in ottobre: in rialzo per la prima volta da giugno (+6%) ma non si arresta il calo delle elettriche (-5%) innescato dalla fine dei sussidi governativi a fine 2023.

Una situazione che sta portando i Paesi della Ue a riaprire la discussione sulle multe che le case automobilistiche riceveranno dal 2025 se non rispetteranno i nuovi limiti di emissioni di CO2. Il ministro dell’Economia tedesco è disponibile, così anche la Francia e l’Italia. Non si vorrebbe spostare il traguardo del 2035 di inizio dell’era del solo elettrico, ma far slittare le sanzioni. Anche il sindacato si rivolge a Bruxelles: «Difendiamoci, la situazione di crisi che si è determinata in Vw e Audi evidenzia che il problema non è solo italiano, c’è la necessità – sottolinea Ferdinando Uliano della Fim-Cisl – di costruire un fondo europeo, una sorta di Next generation Eu per l’auto, per affrontare in modo importante, sostenibile socialmente e industrialmente, tutto il percorso di transizione verso l’elettrico».


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