Droga e nove telefonini sequestrati nel carcere di Teramo dalla polizia penitenziaria: l’allarme del Sappe

Nove telefoni cellulari e droga nel carcere di Castrogno a Teramo, ma a trovarli è stata la polizia penitenziaria nel corso di un’operazione finalizzata proprio alla loro ricerca. Un’operazione condotta insieme con altre unità del corpo provenienti dal distretto laziale-abruzzese e molisano.

“Le circa cento unità del corpo hanno scrutato in ogni anfratto del carcere rinvenendo della droga e ben nove telefonini”, spiega il segretario del Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe) Giuseppe Pallini esprimendo grande apprezzamento per l’operazione dei Baschi Azzurri ancor più in momenti di grande difficoltà come quelli che si vivono nelle carcere italiane, quella di Teramo inculsa, e che “dimostrano la professionalità e l’unità del gruppo”.

Delle criticità parla quindi Giuseppe Ninu sottolineando i numeri relativi ai detenuti psichiatrici e tossicodipendenti presenti negli istituti penitenziari. “Dai dati in nostro possesso sappiamo che quasi il 30 per cento delle persone, italiane e straniere, detenute in Italia, ossia uno su tre, ha problemi di droga. Per chiarezza va ricordato che le persone tossicodipendenti o alcoldipendenti all’interno delle carceri sono presenti per aver commesso vari tipi di reati e non per la condizione di tossicodipendenza. La loro presenza – spiega – comporta da sempre notevoli problemi sia per la gestione di queste persone all’interno di un ambiente di per sé cosi problematico, sia per la complessità che la cura di tale stato di malattia comporta. Non vi è dubbio che chi è affetto da tale condizione patologica debba e possa trovare opportune cure al di fuori del carcere e che esistano da tempo dispositivi di legge che permettono di poter realizzare tale intervento”.

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Ad intervenire anche il segretario generale Sappe Donato Capece che evidenza come anche l’intervento fatto a Teramo confermi “tutte le ipotesi investigative circa l’ormai conclamato fenomeno di traffico illecito, anche a mezzo droni, fenomeno questo favorito anche dalla libertà di movimento dei detenuti a seguito del regime custodiale aperto e delle criticità operative attuali, in cui opera la polizia penitenziaria, con dei livelli minimi di sicurezza. Il compiacimento del Sappe – continua – va al personale del reparto di polizia penitenziaria di Teramo e del distretto che sono stati partecipi nell’operazione”. 

“Il problema dell’introduzione di telefoni in carcere è da tempo noto e conosciamo bene la sua portata che, al giorno d’oggi è davvero significativa e continua a crescere giorno dopo giorno – precisa Capece -. Ci preoccupa non solo il loro utilizzo per scopi illeciti all’esterno del carcere, come più volte riscontrato nelle attività di indagine che vengono svolte quotidianamente nei penitenziari e sul territorio nazionale, ma anche il vero e proprio commercio che è presente all’interno delle mura dove uno smartphone ceduto tra detenuti moltiplica vertiginosamente il proprio valore, diventando fonte di ingenti guadagni illeciti per chi riesce a gestirne il commercio”.

Capece rammenta che “dal 2020, introdurre un cellulare in carcere è un reato punibile con una pena che va da uno a quattro anni, ma il continuo aumento dei sequestri dimostra che non è un deterrente sufficiente ad arginare il fenomeno. A nostro avviso servono interventi concreti finalizzati ad attualizzare il concetto della pena e della sua esecuzione ai giorni nostri, alle tecnologie di oggi e all’attuale realtà penitenziaria, fatta – tra l’altro – di detenuti sempre più violenti e noncuranti delle più basiche regole di civiltà. È indispensabile quindi investire sulla formazione del personale nonché sulle dotazioni individuali e di reparto, affinché la polizia penitenziaria sia messa nelle migliori condizioni per poter assicurare allo Stato quello che forse è il più importante compito istituzionale affidatogli, cioè garantire l’ordine all’interno degli istituti di prevenzione e di pena, tutelandone la sicurezza – conclude -, a tutto beneficio della collettività libera”.