Dobbiamo proprio imparare dagli oceani
Con i termine PLASTICOCENE al Bioparco di Roma, è stato allestito un eco-percorso artistico per sensibilizzare il pubblico di adulti e bambini al rispetto e alla salvaguardia dell’ambiente acquatico e marino.
Dall’8 giugno, Giornata Mondiale degli Oceani e fino all’8 dicembre 2025 si potrà visionare la ricerca ideata e curata dall’artista divulgatrice Elisabetta Milan, con il supporto scientifico del WWF Area Marina Protetta di Miramare, allestita nella grande sala conferenze Sala degli Elefanti.
La rassegna, compresa nel costo del biglietto, è costituita da installazioni artistiche accompagnate da pannelli informativi. Gli argomenti trattati spaziano dalla nascita della plastica, al suo riuso e riciclo, passando per la tropicalizzazione dei mari causata dai cambiamenti climatici, analizzando tematiche come la sovrapesca e l’invasione delle specie aliene, con focus sull’inquinamento da plastiche e microplastiche.
Il titolo scelto PLASTICOCENE allude al termine ANTROPOCENE, termine che da diversi anni è diventato di uso comune. C’è bisogno di ricordare che il termine Antropocene, coniato negli anni ottanta dal biologo Eugene F. Stoermer ed adottata nel 2000 dal Premio Nobel per la chimica Paul Crutzen, indica l’epoca geologica attuale, nella quale il genere umano ha già causato pesanti modifiche territoriali, strutturali e climatiche?
Il termine si riferisce al periodo in cui l’attività umana ha iniziato a modificare in modo rilevante gli equilibri geologici, climatici e ambientali. Il termine “Antropocene” (da “anthropos” = uomo e “kainos” = nuovo) vuole mettere l’accento appunto su quanto l’impatto umano sull’ambiente, come l’uso di combustibili fossili, la deforestazione, la produzione di plastica e l’uso di pesticidi, stia causando cambiamenti significativi nel clima, nell’ambiente e negli ecosistemi. Cambiamenti significativi come l’innalzamento della temperatura media globale, la perdita di biodiversità, la desertificazione e l’inquinamento ci pongono interrogativi sull’etica, la responsabilità umana sul futuro del pianeta.
Come sottolinea la Presidente della Fondazione Bioparco di Roma Paola Palanza, etologa
- “L’acqua è l’elemento principale del nostro pianeta. Gli oceani producono oltre il 50% dell’ossigeno che respiriamo, assorbono il 30% della anidride carbonica e rappresentano il principale serbatoio di biodiversità al mondo. L’inquinamento causato dalla plastica minaccia l’habitat della fauna e della flora marina. Rischiamo di togliere il respiro a chi ce lo dà”.
Il percorso artistico è composto da sei installazioni di forte impatto visivo.
La ‘Canoa lignea sul mare di plastica’ è costituita da una canoa in legno, realizzata da uno degli ultimi maestri d’ascia veneziani, che naviga su un mare costituito da cento bottiglioni d’acqua da 18 litri, rendendo così l’idea del movimento e dell’acqua. L’opera rappresenta l’invasione di macro-plastica di fiumi e mari, in cui però è possibile aprire un varco – la barca – verso una visione ecosostenibile del mondo.
‘La famiglia di meduse aliene’ è una installazione costituita da cinque meduse giganti realizzate con materiale plastico di recupero ritrovato sulle spiagge e non solo. Le meduse sono l’emblema dell’iniziativa perché simboleggiano il mare gelatinoso, reso tale dall’aumento della temperatura dovuto al cambiamento climatico, dallo scollegamento dei cicli planctonici e da uno squilibrato apporto idrico dei fiumi. ‘Nautilus’ invece è un bassorilievo in argilla del mollusco, con impressi i calchi di oggetti in plastica di uso quotidiano. Il Nautilus, oggi considerato un fossile vivente, è apparso sulla terra 500 milioni di anni fa. È evocativo di rinascita e speranza grazie alla sua forma, che potrebbe continuare all’infinito, e alla sua apertura. Si può immaginare che gli archeologi del futuro ritroveranno dei fossili costituiti da impronte futili e fugaci di svariati oggetti di plastica, spesso monouso, (forchette, ciabatte, bastoncini cotonati e così via).
Nell’istallazione ‘Non è solo acqua’ viene rappresentato, in cerchi in plexiglas, l’ingrandimento al microscopio di una goccia d’acqua con lo straordinario mondo del plancton, invisibile a occhio nudo, ma che genera gran parte dell’ossigeno della terra.
‘Mangiamo ciò che laviamo’ è una creazione composta da una lavatrice rossa con un polpo gigante che esce dall’oblò realizzato con una rete di cento metri abbandonata, a simboleggiare la quantità di microfibre sintetiche che arrivano in mare dai lavaggi e che entrando nella catena alimentare dei pesci e dell’uomo stesso.
Infine, l’opera ‘Plasticocene’ rappresenta un mare arrabbiato e informe, composto da una matassa di fili plastici azzurri su una base di cassette di polistirolo e di plastica; il tutto crea un effetto onda. Tra le increspature si trovano oggetti di plastica spiaggiati come pneumatici, scarponi da sci, flaconi, lamette ecc., alternati a coralli, conchiglie e stelle marine. Al centro dell’opera è collocata un’urna cineraria in vetro dentro con all’interno una carta di credito dorata che rappresenta simbolicamente la quantità di plastica (5 gr) che ogni persona ingerisce mediamente in una settimana.
Per Elisabetta Milan
- “l’arte è uno strumento potente e privilegiato per sensibilizzare le persone al cambiamento: ciascuno di noi è una singola goccia d’acqua, ma tutti insieme possiamo formare un oceano di miglioramento. Il messaggio è rivolto ai futuri cittadini e cittadine del mondo, ed è un messaggio di speranza. Siamo ancora in tempo per invertire la rotta e la tendenza e far sì che nel 2050 non ci sia più plastica che pesci nei nostri mari”.
Credit foto: Archivio Bioparco
PLASTICOCENE – Fino all’8 dicembre 2025 alla Sala degli elefanti del Bioparco di Roma
Compresa nel costo del biglietto del Bioparco. Aperta al pubblico il sabato, domenica e festivi, orario: 11-17
Attività didattiche per gruppi e scolaresche su prenotazione: tel. call center 06-3614015 e-mail: scuolegruppi@bioparco.it
Fondazione Bioparco di Roma – www.bioparco.it
Viale del Giardino Zoologico, 20 – 00197 Roma – + 39 06 3608211
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