Dall’uso ricreativo alla psicosi: che cosa succede nel cervello degli adolescenti che consumano cannabis
Tra i banchi di scuola, nelle feste tra amici o sui social: l’uso di cannabis in adolescenza è sempre più diffuso, spesso percepito come un «rito di passaggio», una scelta leggera, quasi innocua, in una fase della vita in cui si sperimentano identità, limiti e libertà.
Non si tratta solo di una questione sociale o culturale. I dati parlano chiaro: secondo l’ultima relazione sulle politiche antidroga, in Italia l’uso di cannabis è sempre più frequente tra i giovani: nella fascia tra i 15 e i 24 anni, il 28,2% dei ragazzi e il 18,5% delle ragazze ha dichiarato di averla utilizzata almeno una volta negli ultimi dodici mesi. Numeri che indicano un fenomeno stabile e radicato, ma che non sempre viene accompagnato da una reale consapevolezza sui possibili effetti a lungo termine.
Una «nuova» cannabis
Un primo nodo da sciogliere riguarda proprio la sostanza in sé. La cannabis di oggi non è quella dei decenni passati. Negli anni, la concentrazione di THC – il principio psicoattivo responsabile degli effetti euforizzanti – è aumentata drasticamente. Si è passati da una media del 5 per cento degli anni Novanta a percentuali che superano oggi il 20 per cento. A fronte di questa potenza aumentata, è cambiata anche la modalità di assunzione: più frequente, più precoce, più intensa. E il cervello adolescenziale, ancora in pieno sviluppo, sembra particolarmente vulnerabile a questi cambiamenti.
È in questo contesto che si inserisce uno studio, pubblicato su Psychological Medicine, da un gruppo di scienziati canadesi delle università di Toronto e McMaster. Analizzando un campione di oltre 11.000 giovani tra i 12 e i 24 anni, i ricercatori hanno osservato che gli adolescenti che avevano fatto uso di cannabis presentavano un rischio undici volte superiore di sviluppare un disturbo psicotico rispetto a chi non ne faceva uso. Ma c’è di più: se si considerano solo i casi più gravi – quelli che hanno richiesto accesso al pronto soccorso o il ricovero – il rischio sale a ventisette volte. Gli autori dello studio hanno identificato una relazione fortemente età-dipendente: il legame tra cannabis e psicosi sembra manifestarsi quasi esclusivamente in età adolescenziale, mentre scompare negli individui tra i 20 e i 33 anni.
Un secondo studio, pubblicato su JAMA Psychiatry, ha cercato di comprendere i meccanismi neurobiologici coinvolti nel cervello di quei giovani che fanno regolare uso di cannabis. In questo caso, i ricercatori hanno utilizzato tecniche di imaging cerebrale per esaminare persone con cannabis use disorder, cioè consumo cronico e problematico della sostanza, e hanno scoperto alterazioni significative nel sistema dopaminergico, ovvero proprio quell’area del cervello già implicata nello sviluppo della psicosi. La dopamina è un neurotrasmettitore fondamentale nella regolazione dell’umore, del pensiero e della percezione, e la sua alterazione è spesso presente nei disturbi psicotici come la schizofrenia.
Sviluppo del cervello e possibili «interferenze»
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