Dal karōshi giapponese, la morte per superlavoro, allo stress lavoro-correlato in Italia: quando il lavoro diventa un rischio per la vita
I campanelli d’allarme più frequenti sono di natura emotiva: «ansia, irritabilità, difficoltà di concentrazione». Ma non solo: «Ci sono anche sintomi fisici come mal di testa frequenti, problemi gastrointestinali e, a lungo andare, possibili patologie cardiovascolari o un indebolimento del sistema immunitario». Quanto alle conseguenze: «Lo stress lavoro-correlato non rimane confinato nell’ambiente di lavoro. Spesso si estende alla sfera privata, portando a conflitti familiari e difficoltà nella vita quotidiana. È in questi momenti che le persone chiedono più facilmente aiuto».
Stress lavoro – correlato: le terapie
Sul fronte delle terapie, «il nostro approccio è multidisciplinare: psicologi, medici e altri specialisti lavorano insieme», sottolinea la dottoressa Tuccillo. «Dal punto di vista psicologico, utilizziamo soprattutto la psicoterapia cognitivo-comportamentale, che aiuta a trasformare i pensieri disfunzionali. Usiamo anche tecniche di gestione dello stress, come la respirazione guidata e il rilassamento. Nei casi più gravi può essere necessario l’intervento dello psichiatra e l’utilizzo di farmaci antidepressivi».
«Lavorare sull’individuo è fondamentale, ma se si arriva a livelli così alti di stress, significa che anche l’organizzazione deve rivedere i propri meccanismi», aggiunge. Per questo al San Raffaele – ma lo fanno anche altre Aziende Ospedaliere pubbliche e private – proponiamo percorsi formativi rivolti sia ai dipendenti sia alle figure dirigenziali, con l’obiettivo di migliorare la leadership e la qualità della vita lavorativa».
Ma con quali risultati? «Abbiamo riscontrato buoni esiti nelle persone che intraprendono i percorsi terapeutici. Spesso emergono fragilità personali che facilitano lo sviluppo dello stress lavoro-correlato, e lavoriamo anche su quelle. I progressi maggiori», conclude la dottoressa Tuccillo «si hanno quando la persona impara a distinguere i confini tra vita privata e vita lavorativa, e a richiedere una comunicazione più chiara all’interno della propria organizzazione».
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