Lazio

Così i boss della mala avevano conquistato il narcotraffico della Capitale

È ancora buio quando i lampeggianti illuminano le strade di Tor Bella Monaca, Quadraro, Quarticciolo e Cinecittà. Decine di carabinieri del Comando Provinciale di Roma danno il via a un’operazione senza precedenti.

Ventisei arresti, milioni di euro in gioco, armi da guerra, e persino bombe a mano, con una rete di narcotraffico che ha tenuto sotto scacco la Capitale per diverso tempo.

Al centro dell’indagine c’è un’organizzazione criminale potentissima, capace di riunire le piazze di spaccio più lucrative di Roma sotto un unico comando.

Un sistema perfetto, oliato dalla violenza e dalla paura, con un fatturato da decine di milioni di euro al mese. Ma oggi la loro corsa si è fermata.

Il Clan della Cocaina: il “Nuovo Senese” che controllava Roma

A tirare le fila di questa macchina infernale due nomi: Giuseppe Molisso e Leandro Bennato.

Due criminali con un’ambizione feroce, già in carcere per altri reati, ma ancora capaci di dettare legge nel sottobosco della malavita romana.

Secondo gli inquirenti, non si sono accontentati di arricchirsi con lo spaccio: hanno imposto il loro monopolio sul narcotraffico capitolino, alzando i prezzi della cocaina e centralizzando le forniture, che arrivavano da due trafficanti albanesi.

Ma non si trattava solo di droga. Per chi provava a mettersi di traverso, la risposta era una sola: la violenza. Il clan aveva un arsenale da guerra: pistole, fucili d’assalto, bombe a mano. E non esitava a usarli.

Milioni di euro e la scoperta shock al Quarticciolo

Mentre i carabinieri perquisiscono le case degli arrestati, emergono dettagli inquietanti. Denaro, droga e armi sono nascosti ovunque: nei muri, nei soffitti, persino nei contatori condominiali.

Al Quarticciolo, in un vecchio tombino, gli agenti trovano 1.500 dosi di cocaina e crack, pronte per essere vendute. Un tesoro sotterraneo, simbolo di un traffico che non conosce sosta.

Il sicario di Diabolik e il ruolo chiave nel Narcotraffico

Tra gli arrestati c’è anche Raul Esteban Calderon, il sicario argentino già in carcere per l’omicidio di Fabrizio Piscitelli, detto Diabolik.

Per gli investigatori, Calderon non si limitava a vendere droga, ma era l’uomo di fiducia per le armi, colui che procurava pistole e mitragliatori per il clan.

Non solo: era anche il tramite per pagare le spese legali e sostenere economicamente i membri della banda finiti in carcere.

Un impero criminale da 30.000 euro al giorno per ogni piazza

I numeri emersi dalle indagini sono da capogiro. Ogni piazza di spaccio gestita dal clan arrivava a generare 30.000 euro al giorno, con un volume d’affari che toccava cifre da decine di milioni di euro al mese.

Il Colpo della DDA: arresti e sequestri per 5 milioni di euro

L’operazione di oggi è un colpo durissimo per l’organizzazione: 26 arresti, beni sequestrati per un valore di 5 milioni di euro e una struttura criminale che subisce la spallata più forte degli ultimi anni.


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