Ambiente

come l’IA può migliorare le relazioni lavorative

Sempre più spesso, nei contesti lavorativi, le persone segnalano difficoltà relazionali con il proprio manager. Senza arrivare ai casi estremi di mobbing, più o meno volontario, esistono situazioni quotidiane che possono generare danni profondi: burnout, richieste di supporto psicologico, fuga dei talenti. Micro-management soffocante, pregiudizi velati, battute passivo-aggressive, mancanza di ascolto autentico sono solo alcune delle dinamiche più visibili. Ma accanto a queste, se ne annidano altre più sottili: la paura di fare domande, l’ansia di non essere all’altezza, il sentirsi isolati o ignorati rispetto ad altri colleghi. Fenomeni che, se trascurati, compromettono non solo il benessere individuale, ma anche la qualità complessiva delle organizzazioni.

In questo scenario, l’adozione di chatbot basati sull’intelligenza artificiale generativa potrebbe rappresentare una risposta concreta a un vuoto relazionale che molti lavoratori sperimentano quotidianamente. La domanda allora diventa inevitabile: non è che, in certe situazioni, un chatbot potrebbe risultare più disponibile, più competente, più umile e più empatico (sebbene attraverso una simulazione) di molti manager in carne e ossa? Una provocazione, forse. Ma una provocazione che trova riscontro in osservazioni teoriche ed evidenze scientifiche.

Il bias manageriale: onnipresente e poco riconosciuto

Numerosi studi confermano che i bias cognitivi influenzano in modo pervasivo il giudizio e il comportamento manageriale. Effetto alone (attribuire valore positivo a un collaboratore solo perché è brillante in una singola area), bias di conferma (cercare segnali che confermino un’impressione iniziale di scarsa affidabilità), favoritismo implicito (favorire chi ha un background o uno stile comunicativo simile al proprio), effetto primacy (lasciarsi influenzare in modo sproporzionato dalla prima impressione, positiva o negativa), bias di prossimità (prestare più attenzione e riconoscimento a chi è fisicamente più vicino, ad esempio chi lavora più spesso in presenza) sono ben documentati nella letteratura di psicologia comportamentale e decisionale.

Secondo Harvard Business Review, l’82% dei lavoratori ritiene di non ricevere valutazioni obiettive da parte dei propri responsabili diretti. Questo dato si accompagna a un’altra osservazione significativa: la qualità relazionale del management è una delle principali determinanti del turnover. In altre parole, le persone non lasciano l’azienda, lasciano il loro capo.

In realtà, pur essendo universalmente riconosciuta la presenza di bias negli esseri umani, manca spesso nei manager una reale consapevolezza di tali limiti, e quindi l’inclinazione ad affrontarli in modo sistematico.


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