Camila Raznovich: «In Italia il piacere femminile è ancora un tabù. Senza educazione sessuale, lasciamo i giovani soli tra paura, silenzi e disinteresse per il sesso»
Nei primi anni Duemila, l’educazione sentimentale e sessuale di noi millennial passava anche attraverso un programma di seconda serata che andava in onda su MTV Italia: Loveline. Finalmente si parlava di sesso e relazioni senza sguardi bassi e imbarazzo, uno psicologo riusciva a dipanare anche la più complicata delle matasse, non facendoci sentire fuori posto per nessuna delle nostre pulsioni e preferenze, e poi la presentatrice, Camila Raznovich, ci accoglieva nello studio come se fosse un’amica di lunga data a cui poter confidare di tutto. Negli anni, quel programma è diventato un cult e, adesso, si è trasformato in qualcosa di nuovo: uno spettacolo teatrale che, il prossimo 25 ottobre, debutta al Teatro Lirico Giorgio Gaber. Una versione rinnovata già dal titolo, Lovelive, che però vede al timone sempre la sua storica conduttrice: «Lovelive è una sfida completamente nuova. Si rifà alla mia esperienza di Loveline, ma quello è un programma che ha cambiato per sempre la televisione italiana, un’icona. E le icone vanno lasciate dove sono, non vanno stuzzicate».
In cosa è diverso questo spettacolo teatrale?
«In tutto, l’unica cosa che hanno in comune è il tema. Non ci sono più domande anonime, dal pubblico o chiamate, ma io e professor Maurizio Bini (responsabile del centro di fertilità e di disforia di genere dell’Ospedale Niguarda di Milano, ndr) ci alterniamo sul palco parlando di sessualità. A lui spetta la parte più scientifica e medica, mentre a me quella più sentimentale».
Il sottotitolo di Lovelive è “la grammatica dell’amore”. Cosa vuol dire?
«Partiamo dalle parole: da qui iniziamo a spiegare, ad affrontare i tanti temi correlati al sesso. Il pubblico è anche parte attiva: non fanno domande, ma sono chiamati anche a interagire. Infatti, molto di quello che viene detto sul palco è frutto dell’improvvisazione. Inoltre, ci sono anche dei contributi video con vox populi, o dei reel o TikTok che abbiamo pescato sui social e che ci danno spunto per riflettere su certe questioni».
Rispetto a quando conduceva Loveline, complici anche i social, oggi si parla molto più di sesso.
«Sinceramente, sono solo immagini. In vent’anni non è cambiato nulla: c’è solo maggior accessibilità alla fruizione di certi contenuti, ce ne sono in grande quantità. Spesso, però, non vengono spiegati e questo porta a veicolare informazioni sbagliate che portano solo ulteriore confusione».
Il sesso è ancora un argomento difficile da affrontare?
«Assolutamente. Basta vedere la situazione delle nostre scuole: l’educazione sessuo-affettiva è ancora lontana dall’essere inserita nei normali curricula scolastici, come succede altrove».
Sentiamo ancora l’influenza della Chiesa nell’approcciarci a certi temi?
«Risentiamo ancora delle influenze dell’educazione cattolica che, da sempre, permea il nostro Paese. Ed è un tipo di educazione molto perbenista, in cui il sesso è vissuto come peccato, una cosa sporca da non fare. Altre culture, quelle non monoteiste in generale, hanno un vantaggio in più rispetto a noi a parlare di sesso perché hanno un’altra concezione di questa sfera. In Italia, bisogna prima superare questo ostacolo».
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