Società

Aurora Ramazzotti: «Cavolo, divento mamma!»

Questo articolo è pubblicato sul numero 12 di Vanity Fair: è stato uno dei più apprezzati dalle nostre lettrici e dai nostri lettori nel 2023. E ve lo riproponiamo qui.

Mi fermi se parlo troppo». La premessa dell’intervista è ottima: Aurora Ramazzotti – esausta a metà giornata, ma con quella luce sul viso che hanno le donne quando sono incinte – ha voglia di raccontare l’attesa e l’arrivo del suo bambino, dopo mesi laconici sui social, in cui ha condiviso pochissimo della sua vita rispetto al solito. È in Svizzera, dove ha scelto di far nascere suo figlio – un maschio, ha rivelato, di cui dirà il nome quando nascerà – prolungando una tradizione familiare («lì siamo nate io e mia madre») e godendosi con il compagno Goffredo Cerza (e i gatti, onnipresenti) gli ultimi momenti di noia «prima dell’arrivo della cosa che non mi permetterà più di annoiarmi per il resto della mia vita», sorride. «Finora non ho raccontato quasi niente», aggiunge, «partiamo da qui».

Perché?
«All’inizio non mi sentivo tanto legata a questa cosa. Non solo perché sono un po’ fredda, ma anche perché ho avuto paura. Ho saputo che ero incinta ma non ero preparata. Ero al mare con mia madre in Sardegna quando è uscita la soffiata del test di gravidanza, ero di sette settimane e ovunque non si parlava d’altro. È stata una botta: non avevo la coscienza per parlarne ai miei amici, figuriamoci agli sconosciuti».

Che cosa ha fatto?
«Mi sono chiusa in me stessa, ho deciso di non parlarne sui social, anche perché ero al limite: la cattiveria di alcune persone era arrivata a livelli insopportabili sul mio profilo. Sono abituata, eh? Ma avevo bisogno di staccare».

Aurora Ramazzotti «Cavolo divento mamma»

Fuori, il mondo si chiedeva anche se il test era per lei o per sua madre, Michelle Hunziker.
«Era per me: Goffredo e io lo volevamo. Avevo già fatto un primo test, perché me lo sentivo, ma era risultato negativo. Poi con mia mamma  ho comprato un’altra scatola, di nascosto, in quella farmacia sarda. Ancora negativo. Poche mattine dopo ci ho riprovato: cavolo, positivo».

Lo ha detto subito a Goffredo?
«Eravamo lontani, ho immaginato due secondi su un modo romantico per dirglielo. Poi ho preso il telefono e ho iniziato a bombardarlo di chiamate, tipo 45 in un minuto, ma non rispondeva: era prestissimo, dormiva. Quindi ho chiamato mia madre e l’ho detto a lei, che, ovviamente, ha detto di saperlo già. Nel frattempo Goffredo si è svegliato, mi ha videochiamato: ho inquadrato il test».

Come ha reagito?
«Le esatte parole… sono irripetibili. Era felice. Poi sa, anche lui era sotto shock, pensavamo ci volesse più tempo… Abbiamo passato due giorni appiccicati al telefono, anche per capire come dirlo alle nostre famiglie, prima che uscissero altre notizie».

Come sono stati i primi tre mesi?
«Duri. Non solo perché ho avuto molte nausee, ma anche perché la gente mi fermava per strada e mi chiedeva di tutto. Io non volevo parlarne, ma sorridevo lo stesso».

Che cosa le chiedevano?
«Le solite cose: come va, sei felice… Capisco la buona fede, però è facile diventare inopportuni. È un momento delicato, pieno di insicurezze. E non è solo perché il primo trimestre è a rischio. Ci sono quelle che adorano essere incinte, come mia madre, e altre, come me, che fanno più fatica: non è stato il periodo idilliaco che mi era stato dipinto, ero emozionata ma anche impaurita. Ed è doloroso parlarne perché ti senti sbagliata. Se manifestavo questi pensieri, mi dicevano che dovevo essere felice. La gente non accetta che tu possa vivere questa cosa in un modo diverso dall’entusiasmo».


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