Società

Adele, che usa una «stampella psicologica» per salire sul palco

Come fanno le star di fama planetaria a salire sul palco e a sembrare così disinvolte, non sbagliando una nota o un passo delle loro coreografie o una nota sul loro pianoforte? Vogliono farci credere di non essere in preda all’ansia e al nervosismo come tutti noi comuni mortali? No, anche loro soffrono come tutti di ansia da prestazione, solo che alcune hanno trovato un valido aiuto nella creazione di un alter ego.

Tutti conosciamo per esempio quella di Beyoncé, in quanto le ha dedicato anche un album: si tratta di Sasha Fierce, assertiva e potente, che le ha permesso di esibirsi con maggiore sicurezza in se stessa e con più sensualità. «Di solito quando sento gli accordi, quando mi metto i tacchi a spillo, il momento prima che tutto cominci sono nervosa… Ma poi appare Sasha Fierce, e la mia postura e il modo in cui parlo è tutto diverso», confessò nel salotto di Oprah Winfrey nel 2008. È stata una strategia che ha continuato a utilizzare fino al 2010, quando ha sentito di essere abbastanza matura da evitare la stampella psicologica.

Ispirata da un incontro emozionante con la stessa Beyoncé, Adele ne ha seguito l’esempio, raccontando alla rivista Rolling Stone nel 2011 di aver creato a sua volta Sasha Carter. Sasha in onore di Sasha Fierce, alter ego di Beyoncè, e Carter, come la star della musica country June Carter, sua musa ispiratrice. Adele rivelò che la strategia l’ha aiutata a dare il meglio di sé in ogni performance durante il suo anno di maggior successo.

Creare un alter ego quindi pare possa servire per tirare fuori quei superpoteri che tutti abbiamo, ma che spesso vengono fagocitati o annebbiati dalle nostre paure e insicurezze. Questa tecnica si chiama «Batman effect», un richiamo all’eroe mascherato, di giorno miliardario benefattore, di notte giustiziere ispirato ai più alti principi morali, e ha dimostrato di avere dei reali benefici psicologici: adottare un alter ego infatti è una forma estrema di «distanziamento di sé», che implica fare un passo indietro rispetto alle emozioni più immediate per permetterci di vedere una situazione in modo più spassionato e possibilmente obiettivo.

Ne abbiamo parlato con Matteo Ficara, filosofo e Chief Happiness Officer, founder del progetto Happiness for Future, impegnato nel trovare soluzioni per individui e aziende che vogliono sbloccare il loro potenziale e realizzare i propri propositi. Ecco cosa abbiamo scoperto.

In cosa consiste questa tecnica esattamente?
«È uno stratagemma che consiste nel crearsi un alter ego immaginario che sia capace di fare o affrontare determinate situazioni per noi difficili, in cui ci blocchiamo o che non abbiamo il coraggio di affrontare direttamente. Quando ci troviamo a vivere quelle situazioni, possiamo richiamare il nostro “supereroe”, immaginandolo, per darci forza, coraggio e fornirci un esempio positivo».

Quindi basta immaginarsi come un supereroe per acquisire i superpoteri e far accadere le cose?
«Be’, non proprio, anche se sarebbe molto bello! Quello che succede è in realtà molto semplice e assomiglia a quando richiamiamo mentalmente le parole di nostri mentori, avi, genitori o insegnanti di qualche tipo, oppure quando pensiamo: “Cosa avrebbe fatto… in questa situazione?”».

Una sorta di distacco cosciente dalla realtà…
«È più correttamente uno spostamento di prospettiva. Il termine tecnico è autodistanziamento: spostiamo il nostro punto di vista sulla situazione (e, importante: anche su noi stessi) dall’interno della coscienza, all’esterno. E quello che accade è straordinario: non solo siamo in grado di vedere le situazioni in modo nuovo, ma ci allontaniamo da possibili turbini emotivi, rendendoci più saldi, e rendiamo la presa di decisione più consapevole e chiara, anche perché si attivano in noi dei processi di pensiero completamente diversi: è come se stessimo pensando “con la testa dell’altro”. Questo ci permette di attingere a risorse prima inaccessibili. Proprio quelle risorse di cui abbiamo investito il nostro supereroe personalizzato».


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