Cultura

The Necks – Disquiet | Indie For Bunnies

Ennesimo mastodontico lavoro del trio Tony Buck, Chris Abrahams, Lloyd Swanton , questo “Disquiet” contribuisce sempre di più a rendere facile e snello il lavoro del recensore, visto che rimangono immutati spessore e ahimè, lunghezza rispetto alle precedenti produzioni, un’abitudine col tempo più rafforzata, sfiorando qui le quasi 3 ore di musica; l’album ci accompagna anche mentre scriviamo, non per mancanza di tempo, ma perchè il tempo con The Necks si dissolve, anzi, è proprio un loro obiettivo abbattere il muro del tempo, non considerarlo parte ingombrante del tutto, ma lasciarlo ai confini dell’espressione, una variabile del tutto marginale di un processo di creazione che di volta in volta procede per flussi, per qualcosa di superiore, che banalizza l’idea del momento e del presente, dove non esiste il concetto di concentrazione ma di scorrimento.

Credit: Bandcamp

Costruito su un’idea formale basata su una divisione in 3 album, in verità “Disquiet”, anche nelle intenzioni del trio, può essere logicamente iniziato e ascoltato partendo da qualsiasi punto, senza una precisa progressione sequenziale, deduzione semplice di un processo antinarrativo che rimane alla base della fruizione dei 4 brani dell’album; i musicisti si concentrano e ci concedono la consueta prova maiuscola, composta dalla solida dose di jazz alchemico e avantguarde, del minimalismo ambient che sfiora elucubrazioni strumentali post rock, in interminabili set di ripetizioni asfissianti, con basso e drumming spesso, forse vera novità dell’album, accompagnate da suoni hammond doorsiani in pattern sotterraneo. La voce pianistica nel frattempo, riempie l’anima della struttura armonica, colmando di strette variazioni la suggestione di una musica onirica legata al mondo del sogno (“Rapid Eye Movement”), dell’abbandono, della ricerca senza pretese del vuoto che ci ricorda l’eterno, che toglie l’inquietudine del titolo, che ci parla di unione cerebrale, di occhi che si guardano e onde magnetiche che ci guidano, in un’esperienza selettiva ma preziosa e coinvolgente.

Ancora una volta, non servono molte altre parole per essere conquistati senza troppi sforzi da questa musica unica, ossessiva e penetrante, che chiede tempo, certo, ma è patria di chi riesce a percepire con distacco ciò che accade, come se niente fosse più importante, a volte e quando succede, del suono delle canzoni dei The Necks.


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