Israele e Iran, cinque domande e risposte per capire l’attacco e i suoi scenari
Le forze di difesa israeliene rivendicano l’uccisione anche di esperti coinvolti nel programma nucleare come Ali Bakhouei Karimi, Mansour Asgari e Saeed Barji. Un’intepretazione diffusa è che Israele abbia colpito per aumentare il pressing diplomatico su Teheran nel vivo dei negoziati con gli Stati Uniti, inclinandoli a un accordo più favorevole a Washington.
E ora cosa può succedere?
Il timore più ovvio è quello di una nuova escalation regionale, accelerando e aggravando quella già in atto dall’ottobre del 2023. Le opzioni sul tavolo di Israele e Iran sono – relativamente – più circostanziate. Secondo un’analisi pubblicata da Paul Salem, senior fellow del Middle East Institute, Israele può orientarsi su un’interruzione dell’offensiva per riaprire spazi diplomatici o insistere sulla falsa riga delle azioni contro Hezbollah in Libano per «degradare ulteriormente il programma nucleare iraniano e indebolire la sua leadership e l’apparato decisionale». Sempre secondo Salem, i margini iraniani sono più ristretti. Teheran non ha potuto che rispondere immediatamente all’offensiva, ma non sembra proiettato verso una guerra di ampia scala «che non può vincere».
Lo «squilibrio di potenza militare con Israele e gli Stati Uniti è netto – scrive Salem . Mentre l’Iran può infliggere danni, le difese di Israele e dei suoi partner sono in grado di neutralizzare la maggior parte degli attacchi». Da un lato, «colpire i beni statunitensi scatenerebbe una risposta americana energica, un risultato che Teheran cerca di evitare». Dall’altro, «attaccare obiettivi nel Golfo allontanerebbe i principali partner regionali, minando la posizione a lungo termine dell’Iran».
E gli Stati Uniti che ruolo stanno giocando?
La linea di Washington è abbastanza ondivaga. Trump aveva sempre cercato, ufficialmente, di dissuadere Netanyahu da un’offensiva contro l’Iran nel vivo dei negoziati sull’accordo nucleare con Washington. Il segretario di Stato Marco Rubio ha anche condannato formalmente come «unilaterali» gli attacchi sull’Iran, escludendo il proprio coinvolgimento. Al tempo stesso, Washington ha assistito Israele in fase difensiva e ora Trump sta cavalcando la pressione politica sull’Iran per il raggiungimento di un’intesa «prima che non resti nulla».
Quali sono le conseguenze economiche e finanziarie?
I mercati non hanno potuto che reagire con nervosismo, anche se le perdite registrate finora sembrano contenute e riguardano soprattutto i timori di ricadute sui prezzi energetiche. Lo scenario più temuto è quello di ricadute simili a quelle già sofferte con il conflitto fra Russia e Ucraina, anche se lo scenario di una guerra mediorientale di per sé non produce particolari sommovimenti. Mark Dowding, chief investment officer di BlueBay Fixed Income, ha dichiarato che gli impatti potrebbero essere contenuti in assenza di un’escalation «drammatica» dell’Iran e concentrati soprattutto sul prezzo del greggio. «Tuttavia, in un momento di certa compiacenza del mercato – ha detto, citato dalla testata Axios – il Medio Oriente e la geopolitica più in generale rappresentano una fonte di rischio che non possiamo ignorare».
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