Cultura

Billy Nomates – Metalhorse | Indie For Bunnies

Al terzo album, la parabola della cantante inglese sembra prendere una direzione ben definita, lontano dalle irruenze iniziali a fianco degli Sleaford Mods, con una maggiore consapevolezza anche nel senso della proposta complessiva musicale, che giunge in linea coerente fino a questo “Metalhorse”, album omogeneo e solido, pur rievocando in ogni suo angolo una certa espansività, almeno nei suoni, totalmente intrisa di un gusto eighties.

Credit: nwspk

L’approccio è proprio quella classico di una band alle prese con del pop-rock d’antan, genuino e tutto sommato classico, fatto di vincenti commistioni fra batteria amplificata, basso bello emergente, leggere ma fondamentali linee di tastiere e accordi melodici, il tutto alternato a ritmi che vanno da ballate alla Tori Amos a effervescenze che sarebbero piaciute a Cindy Lauper, in generale ad una certa cultura radio FM USA che decisamente ricorda quel tipo di musica mainstream e assolutamente spassosa di oramai quattro decenni fa.

In tutto questo, Billy trova la sua dimensione, fra accorate manifestazioni di dolore per la scomparsa del padre e testi apparentemente canonici, ma che invece trasudano quella indole poco incline ai compromessi che è nel DNA della cantante.

Indole che si riflette anche nella sua personalità interpretativa, una qualità fra le più apprezzabili dell’album, la sua capacità più o meno diffusa di imprimere con grinta e piglio sinceramente contagioso, alcune delle canzoni più riuscite come “Plans”, la stessa title track, il robusto duetto di “Dark Horse Friend”, dove vi è un’urgenza lampante nell’incanalare le proprie riflessioni in un binario dall’espressività genuina, senza troppi filtri, diretta e appunto ammirevole, tanto che dopo pochi ascolti, i chrous entrano in testa e si canticchia volentieri.


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