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Arriva la ritorsione di Trump contro web tax e tasse minime: per cittadini e imprese Ue balzello fino al 20% sui redditi esteri

Una sovrattassa del 5% annuo sull’aliquota applicata ai redditi realizzati negli Usa da persone e società residenti in Paesi ritenuti fiscalmente ostili perché impongono alle imprese americane imposte giudicate “inique“. A prevederlo, in attuazione di uno dei memorandum firmati da Donald Trump subito dopo l’insediamento, è il maxi pacchetto fiscale da oltre 4mila miliardi che il presidente Usa ha battezzato “One Big, Beautiful Bill” e punta a fare approvare alla Camera dei rappresentanti questa notte. La proposta di legge – che sta dividendo anche i Repubblicani – punta a rifinanziare i tagli di tasse varati da Trump nel 2017 e mandare in porto altre promesse elettorali del tycoon, dall’aumento dei fondi per le deportazioni di massa all’abolizione delle imposte sulle mance. Tra le fonti di finanziamento ipotizzate, oltre a circa 1000 miliardi di sforbiciate alla spesa sociale, c’è appunto anche l’extra-gettito derivante da una sovrattassa che “punirebbe” tutti i cittadini, le aziende, le fondazioni e gli enti governativi di Stati rei di discriminare le multinazionali statunitensi.

Il canale di questa ritorsione senza precedenti sarebbe l’inserimento nell’Internal revenue code – il codice fiscale Usa – di una nuova Sezione 899 intitolata “Applicazione di rimedi contro imposte straniere ingiuste“. Come, nell’interpretazione della Casa Bianca, le web tax adottate da Roma, Parigi, Londra e Madrid e la tassa minima globale del 15% sulle multinazionali negoziata in sede Ocse, in vigore nell’Unione europea dal 2024. Il Vecchio Continente si troverebbe quindi in prima linea, tra quelli più a rischio di pesanti ripercussioni. Se la proposta sarà approvata, la sovrattassa del 5% verrà rinnovata e potenziata di anno in anno, fino a un massimo del 20%, e si applicherà dal 1° gennaio dell’anno successivo a quando entra in vigore una tassa estera ritenuta “ingiusta”, a patto che siano passati almeno 90 giorni dall’approvazione della legge americana. Gli italiani potrebbero essere colpiti già quest’anno, considerato che la nostra digital tax è operativa dal 2021.

Da notare che la maggiorazione agirà in modo generalizzato: andrà a inasprire l’aliquota del 30% oggi applicata su interessi, dividendi e royalty versati a società o persone fisiche straniere, che potrebbe quindi salire fino al 50%, quella ordinaria sui redditi delle persone fisiche (fino al 37%) e delle società (21%) prodotti negli Stati Uniti, quella del 30% sugli utili rimpatriati da branch Usa di società estere, quella del 4% sui redditi da investimenti delle fondazioni.

Non basta: in parallelo sarà anche modificata la Base Erosion and Anti-Abuse Tax (Beat), la tassa introdotta con la riforma fiscale del 2017 per contrastare l’erosione della base imponibile da parte di multinazionali che trasferiscono profitti all’estero attraverso pagamenti a società collegate in paesi a bassa tassazione: l’aliquota verrà confermata al 10% attuale, ma salirà al 12,5% per le società possedute in maggioranza da soggetti con sede in Paesi che “discriminano” le multinazionali Usa. Che, oltre a vedersi cancellati i crediti fiscali oggi ammessi in detrazione e allargare la base su cui si applica l’imposta, ma dovranno versare la Beat anche se hanno ricavi inferiori ai 500 milioni di dollari, soglia sotto la quale al momento la tassa non scatta.

I ricavi attesi per gli Usa ammontano, stando alle valutazioni del Joint Committee on Taxation del Congresso, a circa 116 miliardi di dollari in un decennio, che verrebbero usati per attenuare il pesantissimo impatto sul deficit dei tagli fiscali previsti nel disegno di legge. Gettito che ovviamente verrebbe meno se i Paesi nel mirino cedessero e decidessero di eliminare le loro web tax e l’imposta minima suppletiva con cui oggi possono recuperare la differenza tra il 15% fissato come aliquota minima e l’imposizione effettiva a cui è soggetta l’impresa multinazionale. Nelle scorse settimane la presidenza polacca del Consiglio Ue ha ipotizzato in un documento riservato la possibilità di limitare l’applicazione della global minimum tax proprio per accontentare la Casa Bianca, ma al tempo stesso Consiglio e Commissione stanno valutando l’introduzione di una digital tax comunitaria per raccogliere fondi con cui finanziare il prossimo bilancio pluriennale e ripagare il debito contratto per finanziare il Next Generation Eu.


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