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Fabio Geda: «Le case dell’attesa accolgono vicino all’ospedale le donne a fine gravidanza in Angola per contrastare morti inaccettabili per le complicanze del parto»

L’attesa, un tempo all’apparenza sospeso, non ha lo stesso valore a ogni latitudine. Attesa in portoghese si dice espera. E già in questa parola c’è il senso di una fiducia. Dopo il best seller Nel mare ci sono i coccodrilli, Fabio Geda torna in libreria con La casa dell’attesa, edito da Laterza, il racconto di un viaggio in Angola tra la capitale Luanda e il profondo sud, Chiulo, sugli altopiani al confine con la Namibia. E di un ospedale rurale dove il Cuamm porta avanti il progetto Casa dell’attesa, una struttura in cui le donne incinte trascorrono l’ultimo mese di gravidanza per garantire la propria sicurezza e quella dei loro figli. Fabio Geda mette nero su bianco storie di cooperazione e i destini delle donne e degli uomini angolani trasformati dall’incontro con l’organizzazione italiana. Nel libro emerge anche la bellezza spietata dell’Africa, le strade della capitale Luanda, abitata da oltre dieci milioni di persone e di giovani che attendono di vendere qualsiasi cosa, la bellezza di un ambiente naturale mozzafiato, abitato da popolazioni che lottano con la siccità e la malnutrizione.

Angola2024  Fabio Geda ©NicolaBerti

Fabio Geda in Angola. credits Nicola Berti CUAMM

Fabio Geda è arrivato a Treviso con Fondazione Zanetti ETS e Fondazione Imago Mundi per raccontare la sua esperienza in Angola.

Cosa succede nella Casa dell’attesa e perché è così importante per le donne di questa parte del mondo vivere l’ultimo mese in una situazione protetta?
«In una casa dell’attesa le donne attendono di partorire. È una strategia con cui si cerca di contrastare morti inaccettabili come quelle delle madri e dei figli per le complicanze di un parto. Il problema a cui le case dell’attesa offrono una risposta è la distanza tra i luoghi in cui le donne abitano e l’ospedale più vicino. A volte queste distanze sono enormi. L’Angola ha una densità abitativa bassissima, cosa che fa sì che in certe aree l’ospedale sia a due o tre ore di moto. Immaginate cosa significa dover fare due o tre ore di moto con un parto ostruito, o con una emorragia in corso. Quindi si invitano le donne a vivere accanto all’ospedale nel corso dell’ultimo mese di gravidanza».

Nel libro ci sono anche le strade della capitale Luanda, abitata da oltre dieci milioni di persone e di giovani che attendono di vendere qualsiasi cosa.
«Luanda è una città tentacolare. Ospita un terzo degli abitanti dell’Angola, che è una nazione grande quattro volte l’Italia, e quindi, com’è facile immaginare, una terra in cui si può guidare a lungo senza vedere nessuno. A Luanda, invece, il traffico lungo le arterie principali è già di per sé un’esperienza che satura i sensi. È una città complessa, piena di contraddizioni. Da un lato ci sono i grattacieli dei centri dirigenziali e dall’altro i musseques, i quartieri periferici più poveri. Ci sono molte voci, molti corpi, molta musica, molta vita. Ovunque si vedono i segni della prosperità che ha investito Luanda tra il 2004 e il 2014, quando i soldi del petrolio e dei diamanti l’hanno fatta diventare una delle città più care al mondo. Poi però è arrivata la crisi generata dalla caduta del prezzo del petrolio e ai segni della prosperità si sono aggiunti gli scheletri dei palazzi in costruzione, che ora emergono nel panorama urbano abbandonati da anni, come dita puntate sulle illusioni».

La casa dell'attesa copertina.

La casa dell’attesa, copertina.

Chi è Agostinho Neto e che ruolo ha ancora oggi nella memoria collettiva della nazione?
«Agostinho Neto è stato il primo presidente dell’Angola, ed è considerato il padre della patria. A me, più che come politico, interessa soprattutto in quanto medico e in quanto poeta. Medico, perché siamo qui a parlare di salute. E poeta, perché il mio principale strumento di lavoro è la parola. Nel libro, poi, scoprirete in quali modi imprevedibili la vicenda umana di Agostinho Neto e legata all’Italia e soprattutto a una persona straordinaria come Joyce Lussu, protagonista irriducibile della resistenza italiana. La sua è una storia pazzesca. Di Neto ho cercato di raccontare soprattutto la passione con cui affrontava la vita, qualunque cosa si trovasse a fare, che fosse il medico o che cercasse di organizzare culturalmente una resistenza anticoloniale. Una passione che si ritrova anche nelle poesie che scriveva».


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