“Sapeva tutto di Gaza”. Miliardario palestinese si dimette da Harvard

Fuori da Harvard. Il magnate palestinese Bashar Masri ha dovuto lasciare l’incarico nella Kennedy School of Government dell’università americana dopo essere stato accusato pubblicamente, dalle famiglie del 7 ottobre, di aver contribuito a finanziare infrastrutture utili ai piani di Hamas. Lo rivela il “New York Post”, e ne dà conto il “The Harvard Crimson”, storico giornale dell’università. Un portavoce dell’Hks ha confermato le dimissioni, scrivendo che “la causa solleva gravi accuse che dovrebbero essere esaminate e affrontate attraverso il processo legale”.
Il miliardario arabo, molto noto, è considerato una figura chiave della partita mediorientale – anche per le sue relazioni internazionali – e avrebbe deciso questo passo clamoroso pochi giorni dopo essere stato coinvolto nella causa che quasi 200 familiari delle vittime del massacro hanno intentato presso la corte federale di Washington Dc, presentando una denuncia per presunta collaborazione sulle attività anti-Israele nella striscia. Accuse da accertare in processo, ma che hanno già lasciato il segno.
Il “Dean’s Council” è un gruppo di circa 70 donatori e dirigenti aziendali di alto profilo che svolge funzioni consultive direttamente riferite al decano dell’Hks. Ma dal 2018 Masri ha anche finanziato la Rawabi Fellowship, che elargisce borse di studio agli studenti palestinesi per frequentare l’Hks. Non è accusato di essere stato a conoscenza direttamente dei piani d’attacco, ma piuttosto di aver avuto cognizione, come imprenditore e costruttore, delle strutture utili all’azione dei terroristi. Lui ha negato tutte gli addebiti, ma le accuse risultano talmente imbarazzanti da averlo indotto a un passo indietro, anche perché il caso mediatico-giudiziario, che minaccia di avere ulteriore eco, per ora compromette la sua “immagine attentamente coltivata” di “uomo d’affari per la costruzione della pace”.
Di origini povere, e con un passato discusso di militanza vicina a Fatah, Masri è nato a Nablus 61 anni fa e ha casa a Washington. Oggi ha doppia cittadinanza ma resta una figura controversa. Arrivato negli Usa negli anni Settanta, in America ha costruito una fortuna partendo dal nulla, per lo più nell’edilizia, sempre mantenendo un filo con le sua terra d’origine, che da sempre si trova come al centro di un conflitto drammaticamente riesploso nel 2023 con il terrorismo e la guerra, ancora in corso.
Nel 2020 Masri ha ideato e costruito Rawabi, la prima città concepita e realizzata dai palestinesi in Cisgiordania dal 1948. E per farlo avrebbe ricevuto anche finanziamenti dal governo statunitense, diretti pure a progetti per Gaza, per esempio nella zona “industriale”. Secondo la denuncia, alcune realizzazioni frutto di questo ingente impegno “umanitario” e imprenditoriale avrebbero compreso anche “infrastrutture terroristiche” successivamente scoperte dalle Forze di difesa Israeliane: tra queste un tunnel in un parco industriale a pochi metri dal confine con lo Stato ebraico e una base operativa con postazioni missilistiche presso due hotel di lusso. Il magnate avrebbe insomma supervisionato i progetti di costruzione nei siti critici e lo avrebbe fatto tramite una holding, Massar International, e varie aziende come la Palestine Development and Investment Company, di cui è presidente.
Secondo quanto riporta il Crimson, lo storico giornale dell’università, giovedì pomeriggio, dopo che le sue dimissioni sono state riportate per la prima volta dal “New York Post”, Masri non ha risposto alla richiesta di commentare i fatti. Ma in una dichiarazione al “New York Times” ha negato decisamente le affermazioni contenute nella causa. “Né lui né quelle entità si sono mai impegnate in attività illegali o hanno fornito sostegno alla violenza e alla militanza”, ha scritto il suo ufficio in una nota destinata alla stampa.
La vicenda, e la personalità che ne sta al centro, dà un’idea eloquente della complessità del quadro mediorientale, e della triangolazione Israele-Usa-arabi. In virtù del suo profilo, e con il suo attivismo, infatti, Masri stava giocando un ruolo anche nei piani dell’amministrazione Trump, in particolare su Gaza.
E nelle ultime settimane aveva anche accompagnato l’inviato Usa per gli ostaggi, Adam Boehler, nei suoi viaggi internazionali da Doha al Cairo a Baghdad. L’uscita di scena di Masri, dunque, è anche un ulteriore colpo inferto ai canali di dialogo attivi tra le parti.
Source link