Nervi saldi e diversificazione: così il portafoglio anti-turbolenze
La tentazione più forte nelle fasi di turbolenza come quella che stiamo vivendo è di liquidare le posizioni e aspettare che passi la bufera. Ma la storia dice che un atteggiamento simile può causare più danni che benefici. Negli ultimi anni, persino in presenza di forti shock, come lo scoppio della pandemia e l’invasione dell’Ucraina, i mercati finanziari hanno reagito con uno sbandamento, ma poi si sono proiettati verso nuovi massimi. Con il risultato che l’uscita durante la correzione e il ritorno agli investimenti dopo il rimbalzo si è rivelata una scelta avventata.
Così tra i money manager incontrati a ConsulenTia 2025 la raccomandazione è di stravolgere le proprie convinzioni d’investimento, pur prendendo atto che lo scenario è in evoluzione. Le mosse dell’amministrazione Trump stanno mandando in confusione Wall Street e i livelli raggiunti da alcuni titoli necessitano di passare per la prova dei risultati di bilancio dopo i forti rialzi degli ultimi trimestri. Tutto questo mentre sono tornati a salire i rendimenti del reddito fisso, soprattutto in Europa, dove si attende un allentamento della disciplina di bilancio per sostenere la spesa relativa alle infrastrutture e all’ambito militare.
Per Massimo Spadotto, responsabile credit strategies di Eurizon, ci sono le condizioni per tornare a puntare sull’obbligazionario, in particolare sul segmento high yield, quello che offre rendimenti superiori alla media a fronte di una minore solidità da parte degli emittenti. “Il contesto macro e microeconomico è favorevole grazie a fondamentali aziendali solidi. Gli spread (le differenze di rendimento rispetto alle emissioni investment grade, cioè ad opera delle società più solide, ndr) si sono ridotti, ma i rendimenti offerti restano competitivi. In questo momento privilegiamo le componenti di mercato con spread più ampi, con un’attenzione particolare agli emittenti con rating singola B, mantenendo un approccio selettivo”, sottolinea.

Per poi ribadire la fiducia nell’equity, a patto di muoversi con un orizzonte di lungo periodo. “Le valutazioni dei mercati azionari appaiono tirate, soprattutto negli Usa, e l’incertezza politica può generare temporanea volatilità; tuttavia il ciclo economico resta positivo e dalla stagione degli utili sono arrivate indicazioni positive sia a Wall Street, che sulle Borse europee”.
Aleksandra Milan Cortegiano, director di Valeur Group, ricorda che il rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato tedeschi, che ha scosso il mercato obbligazionario negli ultimi giorni, non ha modificato le scelte della Bce, che a marzo ha tagliato i tassi per la sesta volta dalla scorsa estate. In questo contesto, spiega, “è opportuno posizionarsi su scadenze comprese tra i 10 e i 15 anni”, nella consapevolezza che sulle scadenze più brevi i rendimenti sono scesi sensibilmente negli ultimi mesi. Valeur vede buone prospettive per i titoli governativi, mentre predica prudenza sul fronte societario. “Preferiamo gli emittenti con alto rating. Il perdurare di una situazione di incertezza economica potrebbe spingere al rialzo i tassi di default soprattutto degli emittenti sub-investment grade, rendendo opportuno un approccio più conservativo”, aggiunge Milan Cortegiano.
Witold Bahrke, senior macro and allocation Strategist di Global Evolution (parte di Generali Investments), invita a considerare – in un’ottica di diversificazione – anche i mercati emergenti. “È probabile che i tagli fiscali voluti dall’amministrazione Trump siano accompagnati da riduzioni della spesa, il che ridurrebbe notevolmente il loro impatto positivo sulla crescita. Dunque, è possibile uno scenario meno favorevole alla crescita negli Stati Uniti, mentre avverrà il contrario per il resto del mondo”.
Alla luce di queste considerazioni, la società del Leone vede prospettive positive soprattutto per “il debito in valuta locale dei mercati emergenti, che è stato il più svantaggiato nel 2024”. Al di là di valutazioni meno tirate, Bahrke segnala che le economie di frontiera garantiscono “politiche fiscali sempre più disciplinate, un notevole potenziale di crescita e abbondanti risorse di materie prime”.
Giovanni De Mare, country head Italia di AllianceBernstein, vede del potenziale inespresso soprattutto tra i titoli europei, in particolare di aziende con business fortemente diversificato a livello geografico. “Tra i criteri di selezione, guardiamo al rendimento del capitale investito, che deve essere significativamente superiore al costo del capitale, con il flusso di cassa che viene reinvestito nell’azienda”. De Mare cita alcuni titoli che corrispondono a questo identikit.
“E’ il caso di Coloplast, azienda danese produttrice di dispositivi medici, che opera in una nicchia altamente specializzata, con una clientela disposta a sostenere costi più alti pur di non cambiare prodotto. Mentre Adidas negli ultimi anni ha spostato parte della produzione fuori dalla Cina, riducendo così i rischi legati ai dazi e le interruzioni della catena di fornitura. Forte di un posizionamento globale e di un modello aziendale di qualità, il marchio ha instaurato relazioni efficaci con nuovi fornitori in Asia in tempi relativamente brevi, potendo continuare a competere senza che eventuali dazi impattino il costo finale per i consumatori statunitensi”.
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