Mrs Playmen | Indie For Bunnies
Il lascito di “Boris”, una delle migliori serie italiane di sempre, è stato immenso. Tra le sue mille sfaccettature, ci ha consegnato la piacevolissima possibilità di biascicare tra i denti “cagna, cagna maledetta” ogni volta che la Crescentini recita male. Certo, possiamo farlo con ogni attrice, ma con la fù Corinna Negri, per ovvie ragioni, il piacere è doppio, anzi triplo. Ecco, in “Mrs Playmen” darle della “cagna” (artisticamente parlando, sia chiaro, citando Renè Ferretti) diventa una necessità bruciante quasi ad ogni apparizione. Così come si può dare del “cane” (artisticamente parlando, sia chiaro) a Filippo Nigro, che da quando si è accasato in quel di Netflix recita letteralmente sempre la stessa parte.

Detto questo, “Mrs Playmen”, che racconta le gesta di Adelina Tattilo, direttrice della nota rivista italiana anni Settanta del titolo, è un’occasione più che sprecata. Perchè il materiale di partenza, socialmente e politicamente, è estremamente interessante. Diversi personaggi avevano un potenziale addirittura pasoliniano (la ragazza di borgata, il fotografo bisessuale, il gigolò), ma il loro approfondimento rimane, invece, sul livello delle figurine di Ozpetek. Si tratta infatti di una di quelle volte in cui la lente di Netflix appiattisce e banalizza tutto: le ambientazioni, gli anni ’70, i retroscena politici, i problemi editoriali…
Però se si ha voglia di cringe è una roba imperdibile. Per quantità e qualità delle cose che succedono, cattive interpretazioni e surrealismo della sceneggiatura, il penultimo episodio rasenta il livello di “Mare Fuori”. A suo modo un capolavoro.
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