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dalla smentita all’esposto in Procura per l’intrusione

Quattro giorni fa il Garante smentiva tutto e annunciava querele. Oggi comunica di aver presentato un esposto alla Procura di Roma per denunciare proprio ciò che aveva negato: il 1° novembre “persone non identificate avrebbero avuto accesso, o tentato di accedere, senza autorizzazione ai locali e ai sistemi informatici dell’Autorità”, con possibile sottrazione di documenti. Una giravolta che arriva forse perché – come rivelato dal Fatto – la Procura ha già avviato accertamenti sull’episodio.

Dal Garante filtra che la scelta sarebbe dettata da “motivi di prudenza”, un atto dovuto insomma: la nota del 29 novembre smentiva la presenza dei quattro membri del Collegio, salvo un breve passaggio di Guido Scorza per recuperare le chiavi. Ma – questo il ragionamento a Palazzo Venezia – se qualcuno fosse davvero entrato clandestinamente, come sostiene la stampa, allora “occorre verificarlo”. Perché, se l’intrusione fosse reale, “ci sarebbe stato il rischio di una grave violazione della sicurezza”. Il tutto accade mentre infuria ancora lo scontro con i dipendenti, esploso nella riunione del 20 novembre e continuato ancora ieri durante l’assemblea del personale. A contribuire è stata una la lettera “spontanea” dei Garanti a cui il personale ha risposto picche, ribandendo che l’unica soluzione è che si dimettano tutti e quattro.

La sospetta intrusione dell’1 novembre

Secondo Report e il Fatto, quel giorno – festa di Ognissanti, uffici chiusi – i quattro membri del Collegio sarebbero entrati nella sede con persone esterne. “I membri del collegio dopo qualche ora sono andati via, le persone esterne sono rimaste dentro tutta la notte, fino all’ora di pranzo del giorno dopo”, riferiva una fonte interna. Lunedì rientrando al lavoro i dipendenti hanno trovato “uffici in disordine, scrivanie spostate, oggetti finiti a terra, prese elettriche o telefoniche non allineate, anomale”, aveva raccontato Alessandro Bartolozzi (Fisac-CGIL). Il sospetto: una bonifica per cercare cimici o accedere ai server, a caccia della “talpa” che passava documenti ai giornalisti.

La smentita con minacce

Il 29 novembre il Collegio assicurava che il 1° novembre “i quattro membri” non erano entrati nella sede di Piazza Venezia con soggetti esterni “tutta la notte”. Solo “l’Avv. Guido Scorza” avrebbe fatto un passaggio “tra le 11 e le 11.10”, per poi uscire “pochi minuti dopo”. “Nessun altro membro del Collegio è stato presente né ha autorizzato l’ingresso a soggetti esterni”, ribadiva il comunicato, accompagnato dalla minaccia: “Il Collegio adotterà le tutele previste dalla legge a garanzia della propria onorabilità”.

Marcia indietro dopo quattro giorni

Quattro giorni dopo, lo scenario si ribalta. Il Garante “trasmette un esposto alla Procura di Roma”, chiedendo di verificare quanto riportato dalla stampa: il 1° novembre “persone non identificate avrebbero avuto accesso, o tentato di accedere, senza autorizzazione ai locali dell’Autorità”. E aggiunge: “Tali individui avrebbero tentato, o eventualmente effettuato, intrusioni nei sistemi informatici dell’Autorità, con possibile sottrazione di dati e documenti”. Tutto il contrario di ciò che era stato affermato pochi giorni prima. Sul sito, i due comunicati restano uno accanto all’altro.

Garante, la lettera ai dipendenti è un boomerang

Intanto si è rivelato un boomerang l’ennesimo tentativo del Collegio di ricucire il rapporto con i dipendenti. Il Collegio invia una lettera che riconosce “un malessere che non abbiamo colto con tempestività”, ma i metadati del file rivelano che non è stata scritta da Stanzione: l’autore risulta essere un’assistente di Ghiglia e l’ultima revisione porta il nome della Fondazione Cesifin di Firenze, di cui Ginevra Cerrina Feroni è vicepresidente. L’assemblea del 3 dicembre risponde riaffermando le dimissioni del Collegio.

Una lettera poco “spontanea”

La comunicazione, firmata da Stanzione, Feroni, Ghiglia e Scorza, arriva ai dipendenti un quarto d’ora prima dell’assemblea. “Molto molto spontanea e sentita”, ironizza il rappresentante della Fisac-Cgil Alessandro Bartolozzi. L’incipit “inviato da iPhone” insospettisce subito: sembra un inoltro frettoloso. I dipendenti aprono il file Word e verificano le proprietà. Risultato: autore risulta un’assistente di Ghiglia, revisore Cesifin.

La violazione dell’articolo 28

La lettera tratta temi organizzativi – codice etico, whistleblowing, comunicazione interna – ma viene inviata direttamente agli uffici, bypassando i sindacati. “I sindacalisti di lungo corso della CGIL hanno gridato all’articolo 28”, spiega Bartolozzi, riferendosi alla condotta antisindacale. “I temi organizzativi dell’ufficio devono essere discussi in sede sindacale, non mandati direttamente ai dipendenti”. Nel testo, il Collegio nega “alcun mandato per attività illecite o invasive” e smentisce di aver “autorizzato né richiesto attività ispettive, investigative o analoghe da parte di soggetti esterni”. Poi propone riforme: aggiornamento del codice etico, rafforzamento delle procedure interne, revisione del whistleblowing, distribuzione più equa dei carichi di lavoro.

L’assemblea risponde: dimissioni

L’assemblea del 3 dicembre boccia la lettera e ribadisce la richiesta di dimissioni. I dipendenti chiedono trasparenza: “Non può esistere un’amministrazione dove si contestano le spese e non si provvede a mostrarle”, dice Bartolozzi. Le richieste principali: disclosure completa dei documenti contabili, istruttoria interna sulla “vicenda Report”, spese del B&B del presidente Stanzione e così via.

Il bando per il portavoce

Nello stesso giorno, il Collegio pubblica un bando per un dirigente comunicazione: non un concorso pubblico, ma una “forma ibrida” con scelta fiduciaria e mandato biennale. “Non un dirigente incardinato nell’ufficio, ma un portavoce agli ordini dei quattro”, è il commento dall’interno. “L’ennesimo disastro”.

Timore dell’inchiesta?

Il clima è teso. Il Collegio forse teme le indagini giudiziarie e che l’ex segretario Angelo Fanizza, dimessosi il 20 novembre “senza neanche salutare”, sia andato in Procura a raccontare che tutti sapevano delle intenzioni di spionaggio interno dei dipendenti. Una piccola apertura arriva dal nuovo segretario generale Luigi Montuori, che si è impegnato a rispondere alle richieste di accesso agli atti, alcune già scadute. Ma il personale resta fermo: “Dovremo lavorare per due anni con questi, sfiduciati all’esterno, scomunicati all’interno.”


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