Zucco contro Simpson e un intero stadio: “Non mi spaventa, tornerò in Italia con il titolo europeo”
“E’ un salto di qualità enorme. Io sono abituato ai palazzetti di Verbania o Milano, che per carità quando ci sono io sono sempre pieni. Ma combattere in uno stadio… Non è cosa di tutti i giorni”.
Il fattore campo nella boxe esiste. Chi gioca in casa ha spesso quell’occhio di riguardo in più, soprattutto se il match va ai punti ed è stato assai equilibrato. Un fattore ingigantito nel match che attende Ivan Zucco da Verbania, 29 anni, aspirante campione d’Europa dei supermedi. Ingigantito perché per diventarlo dovrà battere l’inglese Callum Simpson, ma dovrà farlo non solo nella sua città, Barnsley (centomila anime nel South Yorkshire), ma nel suo stadio, l’Oakwell, dove saranno in venticinquemila, praticamente in abitante su 4.
Solo contro trentamila. Non la spaventa?
“E’ uno dei match più grandi degli ultimi anni per il pugilato italiano. Non mi spaventa per niente, anzi l’atmosfera mi carica. Sono orgoglioso di essere arrivato a questo livello, e poi un centinaio di tifosi arriveranno dall’Italia”.
Ci aveva detto prima del match con Brown che avrebbe vinto e quindi fatto l’Europeo. Ha vinto, ma poi sono passati due anni…
“Ho combattuto in questo periodo, è vero. Ma attendere due anni per il titolo rischia di usurare, è snervante”.
Lei è un picchiatore, Simpson idem. Difficile che finisca ai punti.
“Lo penso anche io, anche se poi non si sa mai. E anche se dovesse finire dopo 12 round, mi sento tranquillo sull’equità del verdetto. Lo trasmette Sky Uk, da noi in Italia Dazn. Insomma, ci sono parecchi testimoni”.
Torniamo al fattore stadio. La boxe inglese è un altro mondo.
“Non ci sono dubbi. Qui stanno promuovendo l’evento come se fosse la Champions League del calcio. A parte lo stadio, parlo proprio degli eventi di lancio. Tutto fatto in grande stile”
Che tipo di pugile di definisce fuori dal ring?
“Silenzioso, poco trash, non è nelle mie corde. Non amo le dichiarazioni roboanti, alle parole preferisco i fatti”.
E dentro al ring?
“Un picchiatore. La definizione che proprio Repubblica mi diede in un articolo di qualche tempo fa mi piace molto. L’artista del ko”.
La boxe per lei è stata una vocazione?
“Sono arrivato al pugilato per mio padre, che ha fatto una bella carriera a livello amatoriale. Però prima avevo fatto tanti altri sport”.
Lei cede nella boxe al punto da averne fatto la propria professione.
“Ho mollato dal 2017 il lavoro, avevo fatto l’addetto alla sicurezza e il magazziniere, e poi basta, solo la boxe”.
Ci parla della sua vita privata?
“Sono fidanzato da un anno e mezzo. Sto con una ragazza tosta, mica è facile stare vicino a un pugile soprattutto quando si avvicina un match importante”.
Lanci un proclama dall’Inghilterra?
“Che torniamo in Italia con la cintura”
Source link