Zanzare e virus tropicali: come le temperature sempre più alte favoriscono la diffusione di malattie. Ecco alcune cose da sapere
Negli ultimi anni, in Italia come nel resto d’Europa, la geografia delle malattie trasmesse da insetti sta cambiando rapidamente e drasticamente. Non c’è l’impatto deflagrante di una pandemia globale ma un’evoluzione silenziosa che riguarda sempre più aree del paese. La Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima) torna infatti ad avvertire: fenomeni come l’aumento delle temperature medie, estati sempre più lunghe e inverni miti favoriscono la diffusione di zanzare e altri vettori che trasmettono virus potenzialmente gravi.
Dal 2006 al 2023 l’Italia ha registrato oltre 1.500 casi di dengue e più di 140 di chikungunya importati. Ma il dato più allarmante riguarda naturalmente i contagi autoctoni: quasi 500 persone hanno contratto queste malattie senza viaggiare all’estero. Gli ultimi dati del ministero della Salute e le cronache segnalano inoltre nuovi focolai del virus West Nile, soprattutto nel Lazio, con casi a Latina e nel litorale pontino, mentre negli anni scorsi l’allerta si era concentrata su Veneto ed Emilia-Romagna. Nel 2024 i casi registrati erano stati infatti 460 in tutta Italia: per 272 persone la malattia aveva causato sintomi neurologici e 20 persone sono morte. Il decesso più recente è invece avvenuto a Fondi, appunto in provincia di Latina, dove una donna di 82 anni è morta di febbre West Nile.
West Nile, dengue, chikungunya e Zika: i virus sotto osservazione
Il West Nile virus (qui il nostro approfondimento) diffuso dalle zanzare comuni del genere Culex, provoca sintomi simili all’influenza ma può evolvere in meningite o encefalite, soprattutto negli anziani o nei soggetti fragili – c’è da precisare che i sintomi più preoccupanti riguardano meno dell’1% degli infetti. Negli ultimi tre anni l’Italia ha segnalato centinaia di casi confermati, con decessi legati a complicazioni neurologiche.
La dengue (qui il nostro approfondimento), trasmessa dalla zanzara tigre (Aedes albopictus), può causare febbri alte e, nei casi gravi, la cosiddetta «dengue emorragica». Tra il 2010 e il 2022 i casi autoctoni in Europa sono cresciuti del 600%, e l’Italia è tra i Paesi a rischio crescente, soprattutto nelle zone costiere e urbane. Basti pensare che secondo il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) nel 2023 sono stati registrati 130 casi di dengue autoctona nell’UE, un aumento significativo rispetto ai 71 del 2022 e ai 73 registrati tra il 2010 e il 2021.
La chikungunya, già comparsa in Emilia-Romagna e nel Lazio, è invece nota per causare dolori articolari persistenti che possono durare mesi – tuttavia nel 2024 sono stati confermati 14 casi di Chikungunya, tutti legati a viaggi all’estero. A questa lista si aggiunge anche il rischio Zika (qui il nostro approfondimento), più noto per le complicanze in gravidanza per il rischio di microcefalia, e il ritorno della febbre gialla in alcune aree del pianeta, che alla pari delle altre infezioni può essere importata dai viaggiatori.
Il ruolo del cambiamento climatico e delle città
Il rapporto Climate Change 2022 dell’IPCC evidenzia un aumento del 30% del rischio di trasmissione di malattie arbovirali nell’ultimo decennio. Temperature elevate, piogge improvvise, alluvioni e siccità alternate a umidità persistente creano ovviamente habitat favorevoli a zanzare di varie specie, zecche e flebotomi. I contesti urbani, con tombini e ristagni d’acqua, diventano serbatoi perfetti per le colonie di zanzare tigre.
Come proteggersi e prevenire i focolai
«Serve una sorveglianza entomologica e virologica costante, soprattutto nei mesi caldi, da maggio a ottobre – spiega Alessandro Miani, presidente Sima – e la prevenzione deve cominciare dai comportamenti quotidiani: eliminare l’acqua stagnante nei cortili, svuotare i sottovasi, coprire i bidoni, usare zanzariere e repellenti, specie al crepuscolo».
A livello sistemico, gli esperti invocano l’approccio One Health, che integra salute umana, animale e ambientale: interventi urbanistici per migliorare il drenaggio, regolamentazione dei pesticidi, screening sanitari per chi arriva da zone endemiche e una rete di monitoraggio nazionale più capillare. Solo così, avvertono, si può contenere l’avanzata di malattie per molti sconosciute e che fino a pochi anni fa sembravano appartenere ad altri continenti.
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