Cultura

Yungblud – Idols | Indie For Bunnies

Yungblud non è mai stato un artista da mezze misure. Fin dagli esordi, Dominic Harrison – questo il suo vero nome – ha costruito un’identità che o si ama o si evita. Ma con “Idols”, la sua nuova fatica discografica, smette di giocare a fare il ribelle e inizia a scrivere una storia un po’ più matura. Perché questo non è solo un album: è una dichiarazione d’intenti. È il disco in cui il ragazzo diventa uomo, e il suono diventa voce.

Credit: Tom Pallant

Si apre con “hello heaven hello”, e già si capisce che qualcosa è cambiato. Non è un taglio col passato, ma una trasformazione. I contorni sono familiari, ma il cuore batte con una nuova consapevolezza. Quella di chi ha visto abbastanza del mondo da non avere più bisogno di urlare per farsi ascoltare — anche se la sua voce resta inconfondibile. lovesick lullaby è un brano che mette in vetrina tutto ciò che rende “Idols” unico: caos controllato, chitarre taglienti, armonie delicate, testi che scavano. Una canzone che sembra uscita da un jukebox impazzito, dove il punk balla con il britpop e gli anni ’90 si intrecciano con il presente. È un suono che non cerca di piacere, ma che pretende di essere sentito.

E poi arriva “change”, forse il vero cuore del disco. Una traccia che parla di evoluzione anche nella sua forma: meno frenesia, più sostanza. È un pezzo che mostra quanto Harrison abbia capito il valore del ritmo, della struttura, della sottrazione. Non tutto deve essere gridato per colpire. A volte basta sussurrare con la voce giusta. “Idols” è anche un disco emotivamente più maturo. Da “ghosts”, che vibra di speranza, a “war”, che affonda nel dolore, l’album attraversa tutto lo spettro umano. Non si tratta più solo di rabbia o rivoluzione: c’è riflessione, malinconia, desiderio. I due brani omonimi che aprono e chiudono l’album incorniciano questo percorso come un diario scritto di notte: sincero, disordinato, necessario.

Yungblud è sempre stato un artista senza etichette, ma qui c’è qualcosa di più profondo. In “Idols”, infatti, troviamo l’uomo che ha imparato a convivere con le sue ferite e a trasformarle in musica. Il risultato? Un disco che non solo alza l’asticella del suo percorso artistico, ma che si impone come uno dei suoi lavori più completi, maturi e sinceri. “Idols” è un album che non chiede il permesso: entra, si siede accanto a chi lo ascolta, e gli racconta com’è sopravvivere — restando umani — in un mondo che troppo spesso non ha tempo per nulla. Dominic Harrison è cresciuto.


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