Cultura

Young & Wild – Il decennio d’oro del glam metal

Ci pensa la Cherry Red Records a gettare un fascio di luce su uno dei sottogeneri più odiati e controversi della storia del rock: il glam metal. Un sound che, nonostante decenni di scherno e denigrazione, meriterebbe oggi una seria e attenta rivalutazione. E in qualche modo questa operazione avviene con “Young & Wild – A Decade Of American Glam Metal 1982–1992″, un cofanetto di tre CD che ripercorre, in ordine sparso, i dieci anni d’oro dell’hair metal americano – chiamato anche così per le voluminose e laccatissime chiome sfoggiate dai membri di quasi tutte le band del filone.

Cosa resta oggi di quell’epoca sfavillante, improvvisamente spazzata via a inizio anni ’90 dal ciclone “Nevermind” e dai beniamini cupi e dimessi del grunge? Poco o nulla. Eppure, le sonorità tipiche del glam metal anni ’80 sopravvivono qua e là nel DNA di alcuni gruppi odierni, perlopiù di nicchia. E ancora alcuni suoi tratti distintivi – come la cura per gli hook, le melodie accattivanti e i riffoni capaci di stamparsi in testa nel giro di pochi secondi – si sono riversati in modo più subdolo nel pop mainstream (in particolare nei lavori del super-produttore svedese Max Martin, che agli esordi fu frontman di una band hard rock).

Tuttavia, si tratta di piccole tracce residue: il glam metal resta uno dei pochi sottogeneri del rock privo di possibilità di rinascita. Confinato in un angolo polveroso della memoria collettiva, è ancora percepito come simbolo di ostentazione pacchiana e di eccessi di ogni genere. Un’overdose di trucco e superficialità figlia dell’edonismo reaganiano. Eppure, per almeno un decennio, il glam metal fu un vero e proprio fenomeno di massa. Sfruttando il traino della nascente MTV riuscì a condizionare le principali major discografiche, che iniziarono a scritturare a catena band cloni di Cinderella, Ratt, Mötley Crüe e Dokken, raccogliendo fortune effimere ma spesso clamorose.

Il grunge pose fine a tutto ciò in modo brusco e traumatico. Gruppi che fino a poco tempo prima suonavano davanti a folle oceaniche si ritrovarono catapultati nei bar di periferia, costretti a esibirsi di fronte a sedie vuote. Alcuni provarono a sopravvivere adottando un nuovo sound, più cupo e pesante, nel tentativo disperato di restare a galla: il caso degli Skid Row di “Subhuman Race”, smaccatamente influenzato da Alice In Chains e Pantera, è emblematico. Ma l’esperimento fallì: i vecchi fan si sentirono traditi, i nuovi non si fecero mai avanti.

Tra ascese vertiginose e rovinose cadute, tra dischi eccellenti e colossali cafonate, l’hair metal ha avuto comunque un merito indiscutibile: nessun vero amante della musica può dirsi indifferente alla sua eredità. Ha diviso come pochi altri generi, acceso passioni e disprezzo, e ha rappresentato per migliaia di adolescenti l’ingresso nel mondo del rock. In questo senso, “Young & Wild – A Decade Of American Glam Metal 1982–1992″ è un doveroso omaggio che celebra a dovere quella stagione irripetibile.

La raccolta include nomi popolarissimi – KISS, Bon Jovi, Poison, Twisted Sister, David Lee Roth, Faster Pussycat e Sammy Hagar fra i tanti – ma anche qualche personaggio minore o dimenticato, con una selezione che abbraccia sia hit mondiali che gemme nascoste. Presentato con un dettagliato saggio introduttivo basato su testimonianze dirette e corredato da note approfondite, il cofanetto è un vero e proprio tuffo nella Los Angeles degli anni ’80, epoca in cui il glam metal era al tempo stesso spettacolo da circo e sfrenatezza rock and roll. Un fenomeno che, nel bene e nel male, portò una ventata di colore nella cultura musicale americana (e non solo).

Se proprio si vuole trovare un difetto in questa piccola operazione nostalgia, si può notare come la Cherry Red Records non abbia voluto scavare ancora più a fondo negli archivi, evitando di includere brani inediti o mai pubblicati prima in digitale come avvenuto per altri box set. Peccato veniale, comunque, considerando la ricchezza del materiale incluso.

Infine, per presentarvi il lavoro nella maniera più personale possibile, ho deciso di proporvi dieci fra i brani meno noti tratti dal cofanetto, nella speranza di riportare in superficie qualche vecchio eroe dimenticato del glam metal, spazzato via dalle sabbie del tempo.

HELIX
Heavy Metal Love

Il glam metal delle origini, ancora grezzo e ruspante, vicino all’hard rock più energico e pompato. Il brano sprigiona un’energia cruda e contagiosa, con riff martellanti e un’attitudine sfrontata. Si avvicina per sonorità e spirito ai coevi Twisted Sister e Quiet Riot, condividendone l’approccio diretto e teatrale. Fortissima l’influenza degli AC/DC, evidente nel groove tagliente e nell’impostazione vocale.

KICK AXE
On The Road To Rock

Un concentrato di heavy metal melodico che trasuda ignoranza e testosterone da ogni nota. Grazie alla produzione lussuosa di Spencer Proffer (già al lavoro con i Quiet Riot del best seller “Metal Health”), il brano mescola melodie da hard rock radiofonico con riff granitici e un’attitudine spavalda. L’orecchiabilità tipica dell’arena rock si unisce a una potenza sonora senza freni, in perfetto stile anni ’80. Un inno tamarro e irresistibile, costruito per spaccare tutto.

LEATHERWOLF
The Calling

Una storia triste tratta direttamente dal booklet di “Young & Wild”: gli statunitensi Leatherwolf firmarono per la Island in un periodo un po’ difficile per l’etichetta discografica, segnato da problemi economici e vendite scarse. Nelle intenzioni dei manager, questa band sarebbe dovuta diventare l’ariete della Island per sfondare le porte dell’hair metal. Peccato solo che il loro debutto per la major coincise con la pubblicazione di “The Joshua Tree” degli U2, compagni di scuderia, il cui successo epocale spazzò via ogni speranza di visibilità ai poveri Leatherwolf – che, comunque, si sono dati al power metal e continuano a suonare felici e contenti.

DIRTY LOOKS
Nobody Rides For Free

Hard rock dal gusto glam, ruvido e tagliente, nato dal disperato bisogno dell’Atlantic di ottenere un successo da parte degli statunitensi Dirty Looks. Il pezzo divenne un singolo con tanto di videoclip in heavy rotation su MTV. Ma anche così, il gruppo del cantante e chitarrista Henrik Ostergaard rimase un comprimario sommerso nel caos dell’hair metal.

SMASHED GLADYS
17 Goin’ On Crazy

Sleaze metal grezzo e maleducatissimo per questa band canadese guidata dalla cantante Sally Cato, scomparsa prematuramente nella primavera del 2020. Appena due album nella brevissima carriera degli Smashed Gladys, scoperti alla metà degli anni ’80 da Gene Simmons dei Kiss e formatisi facendo da spalla ai concerti di giganti come Blue Öyster Cult, Cheap Trick e Nazareth.

SHARK ISLAND
Shake For Me

“Shake For Me” degli Shark Island è un perfetto esempio di glam metal contaminato dal pop, levigato e accattivante. Il brano unisce melodie orecchiabili a una produzione patinata, con un chiaro richiamo all’AOR più radiofonico. Un mix raffinato di energia e immediatezza, pensato per piacere al grande pubblico. Peccato solo che nessuno, sul finire degli anni ’80, si accorse di questa potenziale hit.

ENUFF Z’NUFF
Fly High Michelle

Più vicini al power pop che all’hard rock, gli Enuff Z’Nuff non furono vere e proprie meteore dell’hair metal ma subirono comunque un destino avverso. Il loro omonimo debutto del 1989 resta un piccolo gioiello dimenticato, da riscoprire oggi con orecchie nuove. Questa piccola hit ne è il biglietto da visita più sincero e struggente.

ELECTRIC ANGELS
Rattlesnake Kisses

Atmosfere da party per questo bel pezzo glam rock scoppiettante e vecchio stile anche per i canoni di fine anni ’80. Una mancata hit tratta dall’album di debutto dei californiani Electric Angels, prodotto nientepopodimeno che dal leggendario Tony Visconti. Una piccola curiosità: nel videoclip del brano appare una giovanissima Christina Applegate.

SOUTHGANG
Tainted Angel

Un perfetto esempio di hard rock melodico in chiave glam, con un ritornello esplosivo e un gusto spiccato per l’orecchiabilità. Tratto da un album prodotto da due giganti del rock radiofonico americano come Howard Benson e Desmond Child, il brano brilla per impatto immediato e cura nei dettagli. Alla chitarra dei dimenticatissimi SouthGang c’era un giovane Butch Walker, destinato a diventare uno dei produttori più influenti del pop-rock moderno.

LIFE SEX & DEATH
School’s For Fools

“School’s For Fools” dei Life Sex & Death è un brano grezzo, rabbioso e lontano anni luce dagli eccessi patinati del glam anni ’80. Con un hard rock ruvido e venato di punk, la band sprigiona un’energia viscerale e senza filtri. Nel tentativo di farsi notare dal pubblico, i Life Sex & Death diffusero la voce falsa che il cantante fosse un senzatetto, ma il trucco non bastò. Un vero peccato, perché la loro musica resta potente e autentica ancora oggi.


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