«You are fired!»: Trump pronto a licenziare Jerome Powell, presidente della Fed
L’indiscrezione, rimbalzata sui media americani, è stata smentita pubblicamente dal presidente. Ma la clamorosa svolta alla guida della banca centrale sembra imminente
«You are fired!». Donald Trump si prepara a rispolverare la sua celebre frase per silurare Jerome Powell, il tanto ‘odiatò presidente della Fed che, a suo avviso, sta costando agli Stati Uniti centinaia di miliardi di dollari e per il quale sarebbe già pronta la lettera di licenziamento. L’indiscrezione, rimbalzata sui media americani, è stata smentita pubblicamente dal presidente. Ma la clamorosa svolta alla guida della banca centrale sembra imminente.
«Non escludo nulla ma è molto improbabile», ha risposto il presidente a chi gli chiedeva della sua intenzione di porre fine all’era Powell. Poi però ha subito precisato: «A meno che non lasci per frode. Credo sia già sotto indagine». Il riferimento è ai controversi lavori di ristrutturazione della sede della Fed a Washington, costati 2,5 miliardi di dollari, ben oltre le attese. Una minaccia dunque, neanche troppo velata, con cui Trump cavalca l’accusa che potrebbe diventare la motivazione per rimuovere il presidente della banca centrale. La ‘Section 10’ dello statuto della Fed stabilisce infatti che i componenti del board dei governatori, di cui fa parte il presidente, possono essere rimossi per «giusta causa». «Powell vuole un palazzo stile Versailles», ripete da giorni la Casa Bianca, aumentando la pressione sul numero uno della Fed, nominato da Trump durante il suo primo mandato e divenuto il suo peggior nemico. La ristrutturazione della Fed è stata approvata nel 2017 e i lavori sono iniziati tre anni fa. L’aumento dei costi – spiega la banca centrale sul suo sito – è dovuta a condizioni impreviste, quali la presenza di una quantità importante di amianto e la conseguente contaminazione tossica del terreno.
Non è la prima volta che Powell viene minacciato da Trump. Le accuse si susseguono da mesi, tanto che il presidente della Fed ha già chiarito in più occasioni che respingerà ogni tentativo di licenziamento da parte della Casa Bianca. Il presidente, è la tesi di Powell, non ha infatti l’autorità legale per silurare o declassare chi ha posizioni di leadership. Una posizione dura, presa nel nome di quell’indipendenza della banca centrale che vuole difendere a ogni costo, e che lascia intravedere un possibile violento scontro legale in una situazione che non ha praticamente precedenti. Per gli osservatori è infatti chiaro che Trump vuole rimuovere Powell solo per il mancato taglio dei tassi di interesse: la frode è una scusa, anche difficile da dimostrare legalmente. Lo statuto della Fed infatti concede alla banca centrale l’autorità sui suoi edifici, senza contare che i lavori non sono pagati dai contribuenti americani ma direttamente dalla Fed tramite gli interessi e le commissioni incassate dalle banche.
Pesanti le parole di Trump davanti al principe della corona del Bahrain, con Powell descritto come uno «stupido», un “inetto» che sta facendo un «lavoro terribile». Eppure – afferma il tycoon – l’incarico che ricopre «è il più facile che ho mai visto. Basta presentarsi una volta al mese e dire a che livello sono i tassi di interesse», ha spiegato, criticando anche il board della Fed per la sua mancata azione sul costo del denaro. La banca centrale è infatti un organo collegiale, e il suo presidente non decide da solo il livello dei tassi di interesse: la decisione è presa a maggioranza fra i 12 membri che compongono il board.Intanto già impazza il totonomi. «Molti vogliono la presidenza della Fed. Ricevo chiamate in cui mi supplicano», ha affermato ancora Trump. In pole position per l’incarico, soprattutto se Powell dovesse essere rimosso prima della scadenza del suo mandato nel maggio del 2026, c’è il consigliere economico della Casa Bianca, Kevin Hassett, un fedelissimo del presidente. Un’altra opzione è il segretario al Tesoro, Scott Bessent. «E’ molto bravo, mi piace il lavoro che sta facendo», ha osservato Trump. Difficile però che il tycoon opti per il suo negotiator-in-chief sui dazi in un momento così cruciale per la definizione di accordi commerciali.
Le piazze finanziarie seguono con apprensione gli sviluppi. Le Borse europee hanno chiuso in rosso, con Milano che ha perso lo 0,40%. Wall Street ha ripiegato subito in negativo con le indiscrezioni sul siluramento di Powell, mentre poi ha girato al rialzo con la smentita. Ma fra gli investitori domina la cautela e l’imprevedibilità del tycoon preoccupa: rimuovere il presidente della Fed vorrebbe dire minare la credibilità della banca centrale e l’intero sistema finanziario americano, con conseguenze – avvertono – difficili da prevedere.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA