Witch Fever – Fevereaten | Indie For Bunnies
Nate tra le strade industriali di Manchester, le Witch Fever si sono imposte come una delle realtà più incisive della nuova scena alternativa britannica. Amy Walpole, Alisha Yarwood, Alex Thompson e Annabelle Joyce trasformano da sempre rabbia e dolore in un suono che unisce l’urgenza del punk, la densità del doom e l’emotività del grunge, creando un linguaggio personale che parla di corpo, fede e autodeterminazione.

Dopo l’EP “Reincarnate” (2021) e il debutto “Congregation” (2022), con “FEVEREATEN” la band sposta il fuoco verso un territorio più intimo. Se il precedente lavoro era un confronto aperto con gli abusi della cultura religiosa, qui la prospettiva diventa interiore: Amy Walpole scrive dopo aver scoperto di essere autistica, e questa nuova consapevolezza imprime ai brani un’urgenza diversa, più vulnerabile e precisa.
Scritto nell’arco di due anni, l’album affonda le mani in esperienze intime e dolorose. Amy Walpole mette a nudo le proprie ferite senza filtri, trasformando in musica i traumi vissuti, le relazioni tossiche e tutto ciò che può minare la salute mentale di chi subisce. Aprirsi così non è facile, ma Amy lo fa con sincerità e coraggio.
Rispetto al debutto “Congregation”, che era un esorcismo collettivo contro la religione e i suoi abusi, “FEVEREATEN” è un viaggio interiore, una discesa negli angoli più bui della mente. Amy scrive dopo aver scoperto di essere autistica, e questa nuova consapevolezza cambia tutto: non c’è più solo la lotta contro il potere esterno, ma anche quella contro le proprie paure.
Il disco vive di contrasti netti: distorsioni saturate, pause improvvise, batteria pulsante e una voce che oscilla tra confessione e invocazione. “The Garden” rappresenta bene questa tensione costante, mentre “Safe” incanala l’energia in una spirale più controllata. “Northstar” offre un attimo di respiro, senza dissolvere l’inquietudine che attraversa tutto il lavoro.
Ascoltare questo disco è come immergersi in un racconto di Lovecraft, in una notte fredda e umida, con la tempesta che ruggisce fuori e le luci che tremano al ritmo delle chitarre. Le grida di sofferenza e rabbia si accendono e si spengono come lampi lontani, seguendo il battito irregolare delle canzoni. È un lavoro che parla di mostri interiori, ma con una compassione che Lovecraft non avrebbe mai avuto perché qui il terrore non nasce dall’ignoto, ma dal riconoscere le proprie debolezze.
La title track “FEVEREATEN” è il cuore del progetto: un’esplosione di caos e lucidità, dove la band sembra liberarsi da ogni freno. Nella parte finale, brani come “Burn to Hit” e “Amber” mostrano il lato più emotivo del gruppo.
Il risultato è un paesaggio emotivo che sembra essere scosso da forze sotterranee: oscuro, ma attraversato da lampi di consapevolezza. “FEVEREATEN” conferma le Witch Fever come una delle voci più originali e coraggiose del rock contemporaneo, capaci di trasformare il dolore e il caos in una forma trascinante di liberazione.
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