Votare Brunori in un mondo di Fedez
Perché dobbiamo tifare per Dario Brunori a Sanremo
Premessa: questo articolo contiene nel finale una bestemmia culturale di cui chiediamo scusa in anticipo, prendendoci ogni responsabilità. Svolgimento: Brunori Sas va a Sanremo, e tutta la Calabria dovrebbe tifare per lui, per una serie di motivi scontati e altri meno. Intanto è la prima voce di valore internazionale dai tempi di Mia Martini. È un autore maturo: e qui viene in mente anche Mino Reitano, certo più commerciale, che scrisse, anche se molti lo ignorano, “Una ragione di più”, portata al successo da Ornella Vanoni. E tante altre belle canzoni.
BRUNORI “CANDIDATURA UNITARIA”
Brunori è, come si dicono quelli bravi in politica, una candidatura unitaria: nessun consigliere di Catanzaro, nessun assessore di Reggio potrebbe opporsi, fare distinguo, sentirsi scippato e gridare “giù le mani!”. È il testimonial ideale della Calabria citeriore e di quella ulteriore, senza che sia allestito un set (e uno spot) alla Raoul Bova. È l’ottavo calabro nella storia del Festival, e questo dà l’idea di un ritardo, siamo nati per essere ultimi e in qualche modo ce ne vantiamo. Ma stavolta, la carta è buonissima. Oggi, mercoledì 5 febbraio, come antipasto di Sanremo, sarà alle 17,30 al teatro Auditorium dell’Unical, ad Arcavacata: sempre se trovate posto.
È una faccia, un tono, un sorriso che abbiamo imparato a conoscere in tv, oltre le canzoni. È gentilmente virale sui social, arriva in formato Tik-Tok perché ha la battuta pronta, regala le sue verità dalla piccola San Fili dove è tornato a vivere. Grado zero di permalosità, ride dei nostri difetti come fa in piccolo un sito benemerito, “Lo Statale Jonico”, che perfino uno studioso serio come Vito Teti ha dichiarato di apprezzare. C’è per la verità un altro calabrese profeta del disin-canto (col trattino): si chiama Peppe Voltarelli, pratica la canzone d’autore e frequenta il Premio “Tenco”, dove ad anni alterni prende qualche targa. Ora Voltarelli è a Cuba con la sua voce d’asfalto, auguri anche a lui. Peraltro anche Brunori ha vinto al “Tenco” qualche anno fa, con l’album Cip!
Per una questione puramente generazionale, amiamo le canzoni in cui i testi sono comprensibili e magari cantabili. Quindi viva la capacità di Brunori di essere normale. Non si vergogna di parlare d’amore, non si vergogna di non essere (talvolta) impegnato. Per noi calabri ha un valore in più: è quanto di più lontano ci sia da quei fenomeni marginali e neomelodici che celebrano l’onore e i latitanti. Ogni tanto appaiono in qualche festa di paese e sulle bancarelle, e purtroppo anche su qualche giornale nazionale, che non vede l’ora di dimostrare che la Calabria è sempre e solo quella.
Vero che per certi versi siamo antichi. Noi calabresi ci teniamo, per esempio, alla famiglia. Brunori arriva al Festival con un brano sulla figlia, che già la canta e la storpia. Parla spesso della compagna Simona, gioca sulle piccole gelosie, ride su certe foto un po’ zozze che appaiono su Instagram accanto al suo nome. Quanto cantano a due voci diventano #albanoeromina. Provate adesso a pensare per contrasto alla vita in diretta di Fedez, a una famiglia sottosopra, ai pandori e ai pizzini, alla loro vita (che fu) in diretta, alla loro capacità di arrivare per motivi giornalisticamente misteriosi in prima pagina, se si escludono i tribunali. Fedez che non a caso nei duetti porterà una canzone ad alta misoginia come “Bella Stronza”.
BRUNORI CITA I LUOGHI DELL’INFANZIA
Brunori invece cita i luoghi dell’infanzia, l’ufficio del padre. Rimanda in musica la bellezza di posti remoti della nostra amata terra come Roghudi Vecchia, abbandonata dopo l’alluvione del ’51, così viva con i suoi fantasmi e i suoi panorami sull’Amendolea. Anche la sua passione per il vino fa parte di una cultura antica che arriva dai nonni dei nonni, quelli che lo facevano in casa, “quello forte del Sud che fa abbracciare l’infinito/ a tutta la gente di bocca buona” (questo è Guccini).
La madre, che ormai tutti i fans conoscono, scrive una lettera che potrebbe essere nata in tutti i tinelli della regione, dalla montagna al mare: «Ti vedrò in televisione? Ti vedrò dal vivo? Non lo so. So solo che aspetto con ansia quella sera con ‘Sorrisi e Canzoni’ vicino, con te in copertina col gruppo cantanti, una scatola di ‘Kleenex’ perché certamente piangerò di gioia, ma anche di rimpianto per non avere vicino la persona cara al cuore di tutti noi, con la quale facevo i pronostici. Quest’anno avremmo votato lo stesso cantante. A Madonna t’accumpagna, figlio mio! Se avete letto, che ve lo dico a fare? Senza di voi che lo amate, non ci sarebbe stato Festival. Grazie di cuore. Mammarella Sas vi abbraccia».
In giro c’è un movimento spontaneo. Leggo una confessione sul profilo di Schiavonea Beach. «È vero, abbiamo promesso a Rocco Hunt di tifare per lui sotto il palco di Capodanno, ma abbiamo detto una bugia. I nostri voti saranno tutti per Brunori». È già nata la pagina Facebook per sostenerlo, e naturalmente il suo paese darà in diretta tutte le serate al Teatro comunale: si raccomanda la prenotazione.
E ALLORA VIVA BRUNORI
E allora viva Brunori che fa dire “merda” al coro dei bambini, che fa la rima stella cometa/dieta nella canzone sul Natale. Che racconta la spiaggia di Guardia come fosse Rimini e quando parla non trattiene l’accento, che in musica, come è noto, scompare. Che chiama diesis quello per noi che non siamo musicisti è #, l’hashtag o il cancelletto, intossicati come siamo dalla tastiera. Viva Brunori, che certo non vorrebbe essere identificato come “il grande cantante calabrese”.
Esattamente come Alvaro o La Cava o Strati non amavano essere definiti “grandi scrittori calabresi”: perché, come Brunori, raccontavano la vita per andare oltre i confini del Pollino e e le acque dello Stretto, con una pretesa di parlare al mondo che va oltre la geografia. Sentivano come una camicia di forza quella aggettivazione, erano molto di più. E se in qualche modo abbiamo legato Brunori ai nostri padri, a quelli che ancora oggi ci insegnano l’italiano, chiediamo scusa.
Ma parafrasando una sua canzone: con tutto questo dolore /tutto questo rancore/tutto questo rumore… menomale che c’è lui. Come ha scritto Alice su Instagram, in un mondo di Fedez, siate Brunori.
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