“Vogliamo il diritto al velo”. In Svizzera nasce il partito islamico
Nel cuore dell’Europa sta per essere fondato un partito islamico. Nella Confederazione elvetica sono state avviate le procedure per creare il Partito Islamico Svizzero, dichiarando che l’intenzione è quella di replicare all’Udc, partito conservatore, che da tempo mette in guardia sui rischi della radicalizzazione. La Svizzera è un Paese laico e già da tempo ha messo al bando tutti gli artifici che impediscono il riconoscimento del volto, ivi compresi burqa, nijab e tutti gli altri copricapi islamici che non permettono l’identificazione. Anche per combattere questa legge, e per rispondere all’Udc, Besim Fejzulahi, arrivato in svizzera 35 anni dalla Macedonia, insieme ad altri 10 musulmani ha deciso di fondare il partito islamico.
Sarà operativo simbolicamente a partire dal 1 marzo, giorno di inizio del Ramadan nel 2025, che una propria idea specifica per rendere la Svizzera un Paese maggiormente accogliente per i musulmani. “Vogliamo lanciare un’iniziativa per revocare il divieto dei minareti“, ha affermato l’uomo, che non è nuovo alla politica e che già in passato ha provato a candidarsi nel Canton Turgovia, con scarsi risultati. E ancora, vuole affermare la libertà delle donne islamiche di indossare il velo anche in pubblico: “A me non dà fastidio vedere delle suore per strada“. Le sue dichiarazioni sono certamente provocatorie ma non troppo, a detta di chi lo conosce.
Fejzulahi sostiene che contro l’Islam esiste un pregiudizio radicato secondo il quale tutti i musulmani sono terroristi. Una convinzione che lui mira a ribaltare. Nei 30 punti del suo programma e tra questi c’è anche l’idea di “eliminare la carenza di lavoratori qualificati attraverso l’immigrazione qualificata“. Attualmente, secondo la stampa svizzera, nelle moschee del territorio elvetico è in corso una vera e propria campagna di reclutamento di iscritti per il partito islamico svizzero, perché, dicono, il sistema di partiti tradizionali non soddisfa le esigenze di una società in cambiamento. Anche per questa ragione chiedono nel loro programma che vengano effettuate nelle scuole lezioni in lingua madre.
L’Udc rifiuta la narrazione proposta da Fejzulahi e tramite Pascal Schmid, consigliere nazionale del partito, la colpa della cattiva reputazione della religione islamica è da imputare agli “islamisti radicali che chiedono
l’introduzione del califfato per le strade della Germania“. Schimd chiarisce: “Chi antepone la religione alla Costituzione federale e non rispetta l’uguaglianza di genere non è benvenuto“.
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