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Vittoria Puccini: «Da ragazza volevo essere invisibile, fare l’attrice è stata la mia terapia. La mia famiglia e mia figlia sono i miei punti di riferimento, ma faccio ancora fatica a chiedere aiuto»

Ci sono voluti più di vent’anni a Vittoria Puccini per interpretare il ruolo della cattiva, e lei è certa di sapere il perché. «Mi sono divertita molto a interpretare la classica cattiva delle favole perché mi ha permesso di giocare molto, esasperando certi suoi tratti. Di certo la faccia d’angelo non mi ha aiutata in passato a essere vista in questo ruolo, ma in Incanto il regista ha puntato proprio su quello: sull’apparente dolcezza di una donna senza cuore». Il film di cui parla Puccini è, appunto, Incanto, la nuova pellicola di Pier Paolo Paganelli al cinema dal 3 luglio nella quale interpreta Felicia, una governante senza scrupoli che, dopo aver lasciato morire il padre della piccola Margot, è disposta a tutto pur di ereditare la villa dalla bambina. Anche di trasformarla in un orfanotrofio fino a quando non metterà le mani sul documento di cessione. Ci incontriamo a margine del BCT 2025, il Festival Nazionale del Cinema e della Televisione di Benevento giunto alla nona edizione. Vittoria è sorridente e disponibile: esattamente l’opposto del suo personaggio nel film.

Si è divertita a interpretare, per una volta, la cattiva?
«Molto. Abbiamo pensato a un personaggio a metà strada tra la matrigna di Cenerentola, dotata di una glacialità capace di creare un distacco nei confronti di tutti, e Crudelia De Mon, perché volevamo renderla anche un go’ goffa e ridicola. La favola ci ha permesso di esagerare senza mai scadere nel grottesco, ma la difficoltà per me è stata un’altra».

Cioè?
«Mantenere le distanze con i bambini sul set. Mi dicevano di non legarmi troppo a loro e di tenere una distanza considerando il fatto che in scena avrei dovuto trattarli male, ma non ce l’ho fatta: tra un ciak e l’altro mi saltavano al collo, mi baciavano, mi abbracciavano e mi raccontavano tutte le loro storie».

Vittoria Puccini «Da ragazza volevo essere invisibile fare l'attrice è stata la mia terapia. La mia famiglia e mia...

Che rapporto ha Vittoria Puccini con la cattiveria?
«Non buono. Se una persona ha un atteggiamento cattivo nei confronti degli altri sto molto male. Mi ritengo una persona accogliente, che cerca di essere presente e premurosa soprattutto come madre. La cattiveria non fa parte di me».

In questo film lavora con i bambini: lei a quell’età com’era?
«Molto timida. Da ragazza non ero certo quella che entrava a una festa e tutti si giravano a guardarla: mi divertivo, ma non mi piaceva essere osservata e al centro dell’attenzione. Se avessi potuto scegliere un superpotere avrei voluto essere invisibile».

Eppure ha fatto un mestiere che più esposto non poteva essere, non crede?
«Penso di averlo fatto apposta, come se fosse stata una terapia. Bisogna, però, dire che nel mio lavoro indosso sempre la maschera di un personaggio, e questo mi permette di non espormi come invece accadrebbe nella vita di tutti i giorni. I ruoli mi proteggono, in questo senso».

Come vive il fatto di essere al centro dell’attenzione oggi?
«Da un lato è qualcosa con cui devo fare conti e dall’altro è qualcosa che, caratterialmente, non ricerco. È ovvio che se non ci fossero delle persone che ti fermano e ti fanno i complimenti sarebbe peggio: ci sono sempre due facce della stessa medaglia. Sapere che quello che fai piace alle persone è, però, una grande gratificazione».

La prima volta che si è sentita adulta?
«Quando ho smesso di vedere i miei genitori come dei supereroi e ho capito che erano degli esseri imperfetti. Quando ho smesso di credere che tutto ciò che facevano e dicevano era la cosa giusta ho iniziato a vederli come due persone con i loro pregi e i loro difetti, e questo mi ha fatto crescere».

In che modo?
«Sono passata dall’essere figlia a iniziare a costruirmi la mia identità, iniziando a vedere i miei genitori su un piano paritetico».

Quando è successo?
«Durante l’adolescenza. È normalissimo prendere i genitori come dei modelli di riferimento”.

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