Politica

Vittime della strada: in Italia oltre 3000 morti nel 2024 | Il Fatto Quotidiano

La prima causa di violenza stradale? La velocità. Focalizzarsi sulla punizione dei comportamenti devianti, come alcol e droga? Serve relativamente, se la strada non diventa un luogo sicuro per tutti e in particolare per i soggetti fragili. Infine, la comunicazione sulla violenza stradale: se ne fa pochissima, eppure è fondamentale. Sono queste, in sintesi, le istanze che vengono dal mondo delle associazioni di familiari e vittime della strada, nella Giornata Mondiale che ricorda queste ultime. Giornata che vede – un paradosso – Fratelli D’Italia organizzare a Roma una sfilata di auto per dire no a zone 30, ZTL, piste ciclabili, con una scia di inevitabili polemiche. Mentre l’Italia resta al 19° posto nella graduatoria europea per mortalità stradale, con 51 morti ogni milione di abitanti (la Romania 77, la Svezia 22). E con un tasso di motorizzazione tra i più elevati in Europa (700,8 auto ogni 1.000 abitanti).

Dimezzare le vittime, obiettivo lontanissimo

Cosa dicono, più precisamente, i numeri? Gli ultimi dati Istat raccontano, per il semestre gennaio-giugno 2025, una diminuzione, rispetto allo stesso periodo del 2024, del numero di incidenti stradali con lesioni a persone (82.344; -1,3%), dei feriti (111.090; -1,2%) e, più consistente, delle vittime entro il trentesimo giorno (1.310; -6,8%). Ma non c’è molto di cui rallegrarsi perché, nel confronto con i primi sei mesi del 2019 – anno di riferimento scelto dalla Commissione Europea, che ha fissato come obiettivo un calo delle vittime e dei feriti gravi del 50% entro il 2030 – si registra un calo molto contenuto degli incidenti stradali (-1,5%) e dei feriti (-5,0%) e una riduzione più marcata dei decessi (-14,6%).

“I dati relativi al 2025 vanno considerati con ottimismo, ma anche con cautela, poiché talvolta potrebbe verificarsi un recupero nei mesi successivi”, spiega Silvia Bruzzone, dirigente di ricerca del “Servizio Sistema integrato salute, assistenza e previdenza” dell’Istat. “Considerando che dovremmo dimezzare le vittime entro il 2030, siamo ancora in un percorso da compiere con molti ostacoli. Occorrerebbe infatti una diminuzione del 6,1% per ciascun anno”.

Se, poi, si utilizza come riferimento il 2024 –il tasso di mortalità viene calcolato solo con dati definitivi – si vede come, sul fronte dell’incidentalità stradale, il numero di morti in incidenti stradali ammonta a 3.030 (-0,3% rispetto al 2023), quello dei feriti a 233.853 (+4,1%), per un totale di 173.364 incidenti stradali (+4,1%). Il numero delle morti resta pressoché stabile rispetto al 2023, mentre si registra un aumento degli incidenti e dei feriti. Tra il 2023 e il 2024, gli incidenti e i feriti aumentano su tutte le tipologie di strade, soprattutto sulle autostrade (+6,9% incidenti, +7,0% feriti). Anche il numero delle vittime aumenta in maniera marcata sulle autostrade (+7,1%), a fronte della diminuzione sulle strade urbane (-2,1%) e del leggero aumento su quelle extraurbane (+0,1%).

Rispetto al 2019, le vittime e i feriti sono diminuiti (rispettivamente del -4,5% e -3,1%), mentre gli incidenti stradali mostrano un leggero aumento (+0,7%). Gli incidenti su autostrade e strade extraurbane aumentano anche nel confronto con il 2019 (+4,0% e +2,7% rispettivamente).

Gli immensi costi sociali

Oltre al dolore senza fine per i familiari delle vittime, ci sono i costi. “Abbiamo fatto una stima dei costi sociali per incidenti stradali, che ammontano a 18 miliardi l’anno solo per gli incidenti con lesioni a persone rilevati dagli organi di rilevazione (carabinieri o polizia), ma salgono a 22 miliardi se si considerano anche gli incidenti con danni alle cose (fonte ANIA)”, continua la dott.ssa Silvia Bruzzone. “Si stima, infine, una cifra fino a 30 miliardi se si considerano anche gli incidenti non rilevati dalle forze dell’ordine, come, ad esempio, le constatazioni amichevoli che producono dei feriti lievi ma hanno impatto sull’economia e la società. Parliamo, nel complesso, di costi che rappresentano una percentuale tra l’1 e il 2% del Pil nazionale”.

Di fronte a tutto ciò, le associazioni delle vittime chiedono soprattutto che la strada diventi un luogo sicuro, nonostante i comportamenti sbagliati di chi guida. “Quando prendi un treno o un aereo sai che esiste una sicurezza che va al di là degli errori dei singoli, perché il sistema è intrinsecamente sicuro. In strada non è così purtroppo, allora dobbiamo fare in modo che gli errori umani non provochino lesioni mortali”, spiega Stefano Guarnieri, padre di Lorenzo, ucciso a 17 anni nel 2010 e presidente dell’Associazione Lorenzo Guarnieri. “Dobbiamo assolutamente ridurre la velocità media di percorrenza delle strade. Avremmo anche la tecnologia necessaria ma ci sono assurde barriere normative che impediscono di usarla, penso ad esempio agli autovelox oppure ai tutor. I controlli sono essenziali, sono la prima forma di prevenzione. Ma serve anche altro.

La triste visione “pop” della velocità

Ma perché, allora, non si punta soprattutto a controllare e ridurre la velocità? “Purtroppo”, continua il padre di Lorenzo, “esiste ancora una narrazione che la esalta, alimentata anche dalla potenza delle macchine stesse. Ma la violenza stradale è una questione di salute pubblica, e la salute è un diritto costituzionale”. Anche il reato di omicidio stradale sul lato della prevenzione non ha portato gli effetti sperati. “Credo che purtroppo si sia molto annacquato nel tempo, anche perché i giudici tendono, a mio avviso, a dare pene molto più attenuate perché manca ancora un disvalore sociale verso la violenza stradale e perché tendiamo a immedesimarci più nel guidatore che nella vittima”, continua Guarnieri. “Anche la revoca della patente oggi è a discrezione del giudice, continua ad essere vista come un diritto naturale a vita”. Resta inoltre fanalino di coda l’educazione alla sicurezza stradale, “dei 650 milioni di incassi dalle multe nel 2024, che vanno reinvestiti in ambito stradale, solo 300.000 sono stati messi in educazione alla sicurezza. Educazione che noi facciamo nelle scuole, grazie anche alla collaborazione con la polizia stradale e differenziando le attività per età”.

I quattro pilastri per una sicurezza subito

Per fare le Città30, ridurre le corsie per gli automobili, fare attraversamenti pedonali rialzati occorrono molte risorse e tempo. “Ma ogni anno muoiono 3.000 persone, mentre oltre 15.000 sono ferite gravemente o restano invalide”, spiega Alfredo Giordani, referente della rete #Vivinstrada-Rete di associazioni per la cultura e la prevenzione stradale. Aspettando che il sistema cambi, quali sarebbero gli interventi urgenti per ridurre subito le vittime? “Salvini, con il nuovo Codice della Strada, cerca di agire sul versante della punizione, ma l’aumento delle sanzioni non è un deterrente sui comportamenti”, afferma Giordani. “Per guidare male, poi, non servono per forza alcol e droga, la guida in sé è un fattore che porta distrazione”. #Vivinstrada ha messo nero su bianco i quattro pilastri per la prevenzione degli incidenti in un documento diramato a maggio del 2024 a tutte le forze dell’ordine: anzitutto, controllo della velocità tramite dispositivo Scout Speed, uno strumento elettronico per individuare e sanzionare eccessi di velocità in maniera dinamica; poi controlli a campione e sanzione per la mancata precedenza al pedone; tre, contrasto alla sosta selvaggia con interventi di polizia e strumenti elettronici (Street Control); infine, adeguata e articolata comunicazione e informazione su tutti i canali istituzionali e non istituzionali disponibili. Il tema della comunicazione è particolarmente importante. “È fondamentale che si comunichi al cittadino che si stanno facendo controlli, bisogna riattivare la percezione del pericolo”, afferma Giordani.

Insiste sulla comunicazione corretta della violenza stradale, anche da parte di media e stampa, Stefano Guarnieri. “Come dico da sempre, non si può dire che ‘una macchina impazzita’ ha ucciso una persona, proprio come non si direbbe mai che un ‘coltello impazzito’ ha ucciso qualcuno. Il responsabile viene spesso occultato, anzi se ne attenuano le responsabilità parlando di ‘curva maledetta’, ‘asfalto scivoloso’ e così via”, conclude il papà di Lorenzo. “Invece la vittima viene spesso stigmatizzata, ‘era vestita di nero, è arrivata improvvisamente’, oppure disumanizzata, ad esempio quando si riportano frasi del tipo ‘credevo fosse un animale’. Per non parlare di affermazioni come ‘non c’è stato niente da fare. Sono dei meccanismi di disimpegno morale, che trattano gli incidenti come fossero delle fatalità. Invece non sono per niente tali: le morti sono sempre, sempre evitabili”.


Source link

articoli Correlati

Back to top button
Translate »