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Violenza di matrice fascista”: presidio per il sindacalista Cgil picchiato a Genova. “Leggi ci sono, non vengono applicate

Un migliaio di persone hanno partecipato, martedì pomeriggio, al presidio antifascista in solidarietà con Fabiano Mura, sindacalista della Fillea Cgil, aggredito poche ore prima sulle alture del quartiere di Sestri Ponente, a Genova. “Due uomini sconosciuti l’hanno avvicinato mentre scendeva dall’auto di servizio, sulla quale erano esposti i loghi della campagna referendaria su lavoro e cittadinanza – spiega Igor Magni per la Cgil –. Hanno urlato ‘comunista di merda‘, gli hanno sputato addosso, hanno fatto il saluto romano e si sono lanciati contro di lui con due pugni dei quali uno al volto”.

Il sindacalista è riuscito a divincolarsi e a ripartire, ma è dovuto ricorrere alle cure del pronto soccorso: “L’adesivo sul referendum lo ha reso un bersaglio e chi ha compiuto questo gesto pensava forse di intimidirci, invece ci ha resi ancora più uniti”. Un’aggressione di matrice squadrista inaspettata e completamente inedita per Genova, dicono i partecipanti al presidio, dove la presenza di simpatizzanti neofascisti è sempre stata marginale. In piazza c’erano abitanti del quartiere, militanti di Arci e Anpi, sindacati di base, delegazioni di partito, associazioni e la candidata sindaca del centrosinistra Silvia Salis. L’amministrazione uscente ha scelto di non partecipare. “Mi attaccano ogni giorno con argomentazioni populiste e non voglio abbassarmi a quei livelli – ha detto Salis – Spero che oggi abbiano avuto una buona scusa per non esserci. Genova è medaglia d’oro per Resistenza, la nostra è una cultura progressista e antifascista e su questi valori non possiamo retrocedere neanche di un centimetro”.

Da Lega e Fratelli d’Italia, che per le elezioni comunali sostengono Pietro Piciocchi, già ‘braccio destro’ di Bucci, sono arrivate solo dichiarazioni generiche contro “ogni forma di violenza”. Per il dem Andrea Orlando: “Questa non è violenza in generale, è violenza con una matrice precisa: fascista. Non chiamare le cose con il proprio nome significa non avere intenzione di combatterle”.

Molti interventi dal megafono hanno denunciato la legittimazione crescente del discorso neofascista, mentre il presidio si è concluso con un corteo che ha attraversato le vie del quartiere.


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