Vino, i produttori scontano i dazi dai listini ma i prezzi in Usa crescono lo stesso: persi 110 milioni di export
Un salasso. Mentre i produttori di vino italiani e francesi tagliano i prezzi nel tentativo di assorbire i dazi Usa e conservare le posizioni di mercato, le quotazioni dei vini sul mercato statunitense aumentano, ingrossando i margini di importatori e distributori ma penalizzando le vendite.
È la denuncia dell’Unione italiana vini che oggi a Roma ha tenuto il proprio consiglio nazionale. Una denuncia amara perché rappresenta la presa d’atto che gli sforzi effettuati dalle cantine europee vengono vanificate dal trade Usa. E in questo modo invece di sostenere i consumi (i vignerons made in Italy puntavano su un boost di vendite in occasione del thansksginving), le vendite restano al palo.
«Di fatto – sottolineano all’Unione italiana vini – solo nell’ultimo trimestre abbiamo perso 110 milioni di euro di mancate esportazioni rispetto allo stesso periodo del 2024».
«Il problema dei dazi lo dobbiamo gestire – ha commentato il presidente dell’Unione italiana vini, Lamberto Frescobaldi – a meno di improbabili quanto repentini cambi di rotta delle politiche Usa, con queste tariffe ci dovremo purtroppo convivere. Ciò che non può durare a lungo è l’autotassazione operata dalle imprese del vino italiane ed europee per rimanere competitive sul mercato. Nel terzo trimestre il prezzo del vino italiano diretto verso gli Usa ha subito un taglio medio del 15%, quello francese addirittura del 26%. Contestualmente, il prezzo medio di questi vini in uscita dalla distribuzione americana è salito a ottobre di circa 4/5 punti e gli ordini nei punti vendita in vista del Thanksgiving sono tutt’altro che ripartiti».
Lo scenario di pesanti tensioni di mercato è sotto gli occhi di tutti. «Il mondo del vino tuttavia – ha aggiunto Frescobaldi – deve oggi evitare catastrofismi ma anche facili ottimismi e lavorare sulla gestione della crisi. Lo stanziamento di 100 milioni di euro aggiuntivi per la promozione del made in Italy (in capo a Ita, Italian Trade Agency) inserite nel Ddl Bilancio è perciò un segnale positivo e concreto del Governo, a patto che il nostro comparto sia in cima alla lista del made in Italy da sostenere. È poi fondamentale che da parte del trade statunitense ci sia la consapevolezza che nessuno in questa fase possa pensare di lucrare in dispetto dei propri partner: oggi l’imperativo è riattivare i consumi calmierando i prezzi. Perché – ha concluso il presidente Uiv – se fino a pochi mesi fa ogni dollaro investito in vino europeo ne generava 4,5 sul mercato a stelle e strisce, oggi il moltiplicatore potrebbe invertirsi, con rischio di mancato guadagno per il mercato americano di 4,5 volte superiore al nostro».
Risorse che sarà importante impiegare nella diversificazione dei mercati in un percorso di crescita e di presenza di lungo periodo. «Anche per questo il Consiglio – ha aggiunto il segretario generale dell’Uiv, Paolo Castelletti – confidiamo nell’allungamento dei vincoli temporali della misura Ocm promozione dagli attuali 3 a 10 anni consecutivi per le attività nei paesi obiettivo».
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