Società

Vini rossi in crisi profonda, bianchi e bollicine protagonisti del mercato


In questo quadro negativo non fa eccezione l’Italia dove Chianti, Brunello, Barolo, Amarone ma anche Montepulciano, Primitivo, Aglianico e Nero d’Avola hanno perso sugli scaffali della grande distribuzione quasi 800mila ettolitri in cinque anni chiudendo il 2023 a quota 3,2 milioni di ettolitri a vantaggio di bianchi e soprattutto degli spumanti utilizzati per cocktail spesso fatti in casa.

«Non promettono bene – aggiunge Flamini – i cambiamenti in corso nella platea degli acquirenti italiani che pur restando stabili a quota 30 milioni, dal 2008 hanno visto calare di oltre il 20% i consumatori quotidiani a vantaggio di quelli saltuari (+30%). Spostamenti che avvantaggiano le tipologie più adatte a apertivi e cocktail che non una monobevanda da pasto come il vino rosso».

E i paesi produttori si stanno già adeguando: le superfici coltivate a varietà a bacca rossa stanno subendo rallentamenti degli impianti (Australia) o addirittura riduzioni, come Usa, Cile, Argentina e Sudafrica, con la ricerca di alternative verso produzioni bianche (Chardonnay e Sauvignon Blanc soprattutto).

«In un quadro che resta negativo – ha commentato il segretario generale dell’Unione italiana vini, Paolo Castelletti – qualche segnale da non sottovalutare si registra sul fronte valoriale della nostra offerta. Negli Usa nel segmento più profittevole delle vendite made in Italy (ristorazione, night club, hotel) l’unica fascia di prezzo che è riuscita a strappare aumenti nelle vendite è quella oltre i 25 dollari a bottiglia (+2%), contro cali del 5% e 3% rispettivamente per i vini sotto i 10 dollari e con prezzi compresi tra 11 e 24 dollari. La fascia premium costituisce oggi il 15% del totale vendite italiane di red wines».

«Bisogna cambiare qualcosa – commenta il presidente del Consorzio della Valpolicella (8.600 ettari di vigneti, 2mila produttori, 62 milioni di bottiglie prodotte, 14,3 di Amarone e 31 di Ripasso e 700 milioni di euro di fatturato), Christian Marchesini – puntando su vini meno alcolici e con una più spiccata identità territoriale. È un lavoro che noi abbiamo avviato già da qualche anno rilanciando il nostro Valpolicella base e rafforzandone il valore. La tipologia “superiore” del Valpolicella è passata da una quota del 22 a una del 29% del totale. E stiamo lavorando sulla ricerca per capire le contromosse da adottare nel vigneto e nel fruttaio (il luogo dove vengono fatte appassire le uve per l’Amarone, ndr) per contrastare i cambiamenti climatici che favoriscono vini molto alcolici. Prodotti che il mercato, a quanto pare, non vuole più».


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