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Roma, 20 dic. (Adnkronos) – È incostituzionale l’improcedibilità prevista – nell’ambito dell’esecuzione forzata su immobili destinati all’edilizia residenziale pubblica convenzionata – per il caso in cui il creditore fondiario non risponda a particolari requisiti o non partecipi alla procedura. È quanto si legge nella sentenza numero 211 depositata oggi, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’articolo 1, comma 378, della legge 30 dicembre 2020, numero 178.
La norma censurata prevedeva che il giudice dell’esecuzione dovesse verificare d’ufficio in capo al creditore fondiario procedente la sussistenza dei seguenti requisiti: rispondenza del contratto di mutuo ai criteri stabiliti dalla legge numero 457 del 1978 (articolo 44) e inserimento dell’istituto di credito nell’elenco delle banche convenzionate presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. La Corte, dopo aver constatato che il citato elenco non risulta ancora istituito e dopo aver preso atto che la formulazione della disposizione ha generato interpretazioni significativamente diverse, ha reputato irragionevole e sproporzionata la norma censurata, ricostruita dal rimettente in maniera da abbracciare tanto una ratio sanzionatoria, quanto una supposta funzione di tutela della garanzia dello Stato.
La Corte ha ritenuto, anzitutto, incostituzionale la disciplina, là dove prevede la sanzione della improcedibilità per il creditore che non abbia rispettato i requisiti indicati nel richiamato articolo 44 della legge numero 457 del 1978, in presenza dei quali gode della garanzia dello Stato. Se dal mancato rispetto dei citati requisiti si fa discendere anche la perdita della garanzia dello Stato, risulta, infatti, sproporzionato inibire in aggiunta l’accesso alla tutela esecutiva. Se, invece, si esclude la perdita della garanzia dello Stato, l’improcedibilità determina solo l’irragionevole effetto di far valere la garanzia dello Stato al di fuori della procedura, anziché nell’ambito della stessa, ove la garanzia opera in via sussidiaria.
Parimenti, irragionevole, oltre che sproporzionata, è la norma se interpretata nel senso di estendere l’improcedibilità anche ai casi in cui il creditore fondiario neppure partecipi alla procedura concernente i richiamati immobili. La Corte rileva, infatti, che il creditore fondiario viene per legge avvisato dell’avvio della procedura concernente il bene su cui grava il suo diritto di ipoteca e rispetto al quale gode della garanzia dello Stato. Pertanto, se non interviene, è solo su di lui che dovrebbero riverberarsi le conseguenze della sua stessa inerzia. Viceversa, è irragionevole correlare all’inerzia del creditore fondiario l’improcedibilità per gli altri creditori, consentendo, al contempo, al debitore di assicurarsi, con il solo pagamento delle rate del mutuo fondiario, una temporanea impignorabilità del bene.
La Corte ha, infine, ribadito che restano fermi gli strumenti preposti alla tutela della finalità abitativa, vale a dire l’improcedibilità in caso di mancato avviso al comune e all’ente finanziatore circa la pendenza della procedura e il rispetto degli oneri reali in capo all’assegnatario della vendita forzata.
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