Economia

Vertice sull’automotive, Stellantis conferma i suoi piani per l’Italia

ROMA — Il governo recupera 200 milioni per il fondo automotive, portando la dotazione per il 2025 a 400 milioni, e farà convergere altre misure sulle quattro ruote, come i contratti di sviluppo, che valgono altri 500 milioni, ma l’obiettivo è arrivare a 1 miliardo, e poi i residui dei soldi non usati per gli incentivi, altri 240 milioni. Il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, si è presentato con questo pezza al tavolo con i sindacati, l’Anfia, l’associazione delle imprese dell’indotto che si era rivoltata contro il taglio dell’80% delle risorse del fondo, e Stellantis, che dice di «avere un solido piano per l’Italia».

Incontro che si annunciava difficile. Il governo ha prosciugato 4,6 miliardi al 2030. Per il 2025 vuol dire meno 562 milioni. Ora saranno reintegrati 200 milioni. I soldi recuperati saranno usati solo per sostenere le imprese, non per fare un nuovo ciclo di incentivi per sostenere l’acquisto di auto. «Gli ecobonus svenano gli Stati ma non risolvono il problema. È come svuotare un oceano con dei secchielli. Abbiamo investito un miliardo di intesa con Stellantis, che aveva sostenuto che la misura avrebbe aumentato la produzione in Italia. È accaduto esattamente il contrario e quindi, come preannunciato, non la riproporremo più». Il presidente dell’Anfia, Roberto Vavassori, dice «tavolo positivo». E chiede al governo di concentrare i soldi su due direttrici: «Riduzione del costo dell’energia e iniziative per la ricerca e sviluppo nelle imprese».

Clima più disteso, soprattutto tra governo e Stellantis. Urso, citando l’avvocato Agnelli, insiste sulla «responsabilità sociale» del gruppo nato dalla fusione tra Fca e Psa. «Se il piano industriale risponderà a queste esigenze noi ci siamo e daremo il massimo sostegno», dice Urso, che nel frattempo vuole convincere l’Europa a far slittare le multe per i produttori sulle emissioni di CO2 e rivedere le tappe di avvicinamento al 2035. In vista della prossima riunione, il 16 dicembre, il ministro si attende dei progressi da parte di Stellantis, che ha come primo azionista Exor che controlla anche Repubblica: rivedere i progetti legati ai contratti di sviluppo in stand by affinché non prevedano una riduzione occupazionale, impegni su Gigafactory di Termoli, destinare all’Italia la nuova piattaforma produttiva per la produzione di city car, a beneficio della componentistica. Qualche risposta è già arrivata ieri: «Non abbiamo intenzione di chiudere nessun stabilimento in Italia e neppure di fare licenziamenti collettivi. Stellantis ha un piano solido per l’Italia», dice Giuseppe Manca, responsabile italiano delle risorse umane. Tra le novità la possibilità di destinare la piattaforma per produrre le city car a Pomigliano, anche se in lizza ci sono siti francesi e spagnoli. Manca indica per Melfi i cinque modelli: nel 2025 uscirà nel primo trimestre la prima Ds e, nel terzo, la nuova Jeep Compass elettrica. Nel 2026 arriverà nel primo trimestre la seconda vettura Ds, nel secondo la Jeep Compass Ibrida e nel terzo la nuova Lancia Gamma. Valutazioni in corso per nuovi progetti a Pomigliano e ad Atessa, mentre a Cassino la Maserati Grecale andrà oltre il 2030.

Delusi i sindacati, che si autoconvocheranno a Palazzo Chigi se non verrà coinvolta Meloni. «Il tavolo finora si è dimostrato non solo inefficace, ma controproducente. Non si può pensare di coinvolgere Palazzo Chigi solo in caso di esito positivo di una discussione in procinto di naufragare», dice Gianluca Ficco della Uilm. «Nessun passo in avanti né dal governo né da Stellantis», aggiunge Samuele Lodi della Fiom, mentre per il segretario Fim Cisl, Ferdinando Uliano, sostiene che «serve una spinta in più».


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