Venezuela, i piani Usa per un attacco anche via terra
Due navi da guerra statunitensi, il cacciatorpediniere Uss Stockdale e l’incrociatore Uss Gettysburg, si sono spinte ieri fino a 50 chilometri dalla costa venezuelana, mentre la portaerei Gerald Ford guida la nuova operazione “Southern Spear”, lanciata giovedì notte da Washington per smantellare le reti di narcoterrorismo nella regione. Una dimostrazione di forza che arriva mentre, rivelano fonti della Cbs, a Donald Trump sono state presentate opzioni militari concrete per colpire il Venezuela “nei prossimi giorni”, inclusi attacchi a terra. Un salto di qualità che va ben oltre le classiche operazioni anti-droga: sul tavolo ci sarebbero anche ipotesi di incursioni terrestri o attacchi mirati contro il presidente de facto del Venezuela Nicolás Maduro.
A Caracas, dove oggi ricorre il primo anniversario di prigionia del cooperante italiano, il 46enne Alberto Trentini, Maduro teme di fare la stessa fine di Qaasem Soleimani, lo storico comandante delle Guardie iraniane della Rivoluzione a capo della squadra d’elite per le operazioni più segrete degli ayatollah, eliminato con un missile per ordine dello stesso Trump, durante il suo primo mandato presidenziale. Per questo da un lato Maduro denuncia la “minaccia imperialista” e dall’altro implora The Donald di “fare la pace”. Una supplica che rivela tutto il nervosismo di un regime consapevole di camminare oramai sul filo di un rasoio. Non a caso, nello stesso giorno, il jet extra-lusso che Maduro aveva regalato a Díaz-Canel è decollato dall’Avana verso Caracas per essere pronto a far salire il leader chavista e metterlo al sicuro in un Paese amico nel caso la crisi dovesse precipitare nelle prossime ore o giorni.
Il Parlamento chavista ha intanto denunciato all’Onu un presunto “tentativo di invasione”, mentre il ministro degli Esteri, Yván Gil, parla di “aggressione unilaterale” e di una manovra Usa “per un cambio di regime”. Il Cremlino ha avvertito Washington di non “destabilizzare i Caraibi”, criticando i bombardamenti Usa contro imbarcazioni narcos in operazioni che negli ultimi due mesi hanno provocato 80 morti.
La realtà, però, è che la presenza della Gerald Ford e dell’intero gruppo d’attacco F/A-18 Super Hornet, B-52, cacciatorpediniere, sottomarini e forze speciali rappresenta il più imponente dispiegamento statunitense nel Mar dei Caraibi dall’inizio del secolo. E l’obiettivo dichiarato dal segretario alla Guerra Usa, Pete Hegseth, è chiaro: “Eliminare i narcoterroristi dal nostro emisfero e proteggere la patria”. Un messaggio diretto a Maduro accusato da anni di coordinare una parte crescente del narcotraffico internazionale.
A Caracas è intanto atterrato l’85esimo volo del 2025 con a bordo venezuelani espulsi dagli Stati Uniti: 279 persone provenienti dal Texas, un altro segnale del peso che questa crisi esercita sulla politica Usa.
E mentre la Nobel per la Pace María Corina Machado, costretta da 15 mesi alla clandestinità, denuncia che “se il regime mi trovasse, mi farebbe sparire”, un sondaggio Reuters/Ipsos pubblicato ieri ha rivelato che solo il 29% dei cittadini Usa sostiene le azioni militari contro i narcos nel Mar dei Caraibi.
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