Usa e Iran a Roma sul nucleare, altro flop in vista

Con ogni probabilità si va incontro a un altro inevitabile flop. Dopo polemiche, annunci e incontri sparsi, il summit di oggi a Roma tra Stati Uniti e Iran sul nucleare, difficilmente porterà a qualcosa di diverso da un altro nulla di fatto. Inevitabile, visto che le parti restano su posizioni troppo divergenti con Stati Uniti (e Israele) che vogliono imporre all’Iran di abbandonare ogni progetto sull’atomica mentre gli ayatollah, ovviamente, vogliono continuare con i loro progetti di sviluppo nonostante la spada di Damocle del rischio bombardamenti. Dopo i negoziati indiretti del 12 aprile in Oman, ora il tanto atteso faccia a faccia cui dovrebbero partecipare l’inviato speciale americano per il Medio Oriente (e per la Russia) Steve Witkoff, il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi e quello dell’Oman Badr bin Hamad Al-Busaidi. Il ruolo italiano sarà probabilmente defilato, con indiscrezioni che danno il ministro degli Esteri Antonio Tajani pronto ad accogliere le parti alla Farnesina, prima o dopo il vertice, per cercare di favorire il dialogo.
Un dialogo che resta molto complicato. Araghchi ha detto chiaramente di avere «gravi dubbi» sulle intenzioni degli Stati Uniti. «Siamo pienamente pronti a lavorare per una soluzione pacifica riguardo al programma nucleare pacifico dell’Iran», ha detto ma è evidente che Teheran respinge le richieste americane e rivendica il proprio diritto al nucleare per quelli che, almeno nelle dichiarazioni, sarebbero «fini civili». Il già criticato per le sue posizioni in Russia Witkoff invece, nei giorni scorsi è stato caustico nell’affermare che l’Iran «deve fermare ed eliminare il suo programma di arricchimento e militarizzazione nucleare», sulla scorta di quanto affermato alla Casa Bianca dal presidente Donald Trump che ha chiuso: «L’Iran non può avere la bomba atomica». «Se si astengono dal formulare richieste irragionevoli e irrealistiche, penso che un accordo sia possibile», ha commentato Araghchi ribadendo comunque una distanza che pare, almeno al momento, incolmabile.
Un parere non secondario sulla vicenda è quello di Israele che, secondo indiscrezioni, senza lo stop imposto porprio da Trump, avrebbe già bombardamento i siti di arricchimento dell’uranio iraniano. «Il primo ministro Benjamin Netanyahu ed io siamo impegnati, insieme a tutte le parti interessate, a portare avanti un piano d’azione chiaro che impedisca all’Iran di acquisire armi nucleari», ha detto senza mezze misure il ministro della Difesa israeliano Israel Katz.
«Il governo non permetterà alcuna minaccia di annientamento contro Israele», ha aggiunto, mettendo ulteriore pressione su un vertice già ad altissimo tasso di difficoltà e altissima probabilità di insuccesso. Ma le vie della diplomazia, a volte, sono infinite.
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