Liguria

Uomini contro la violenza sulle donne: “Qui per cambiare il paradigma, tutti siamo responsabili”


Genova. “Siamo qui non perché siamo necessariamente colpevoli, ma perché siamo tutti responsabili, quello sì, di un clima, di una mentalità di cui siamo intrisi tutti quanti, con questa iniziativa, simbolicamente ma non solo, proviamo a cambiare questa mentalità”. A parlare è Arturo Sica, psicoterapeuta e presidente dell’associazione White Dove, il soggetto promotore del flash mob andato in scena in questo martedì 21 ottobre in piazza De Ferrari a Genova.

Alcune decine di uomini si sono dati appuntamento sulla scalinata di fronte a palazzo Ducale con altrettanti cartelli sui quali erano scritte, cancellate e corrette frasi che rispecchiano la cultura maschilista e patriarcale alla base di tanti episodi di violenza.

Qualche esempio? “Una vera donna sa stare al suo posto” diventa “Ogni persona ha il diritto di essere rispettata”, “Sii uomo” diventa “Puoi essere fragile”, “Le donne dicono no ma vogliono dire sì” diventa “No significa no”, e ancora “Sono fatto così” si trasforma in “Posso cambiare”, “Un uomo non si lascia comandare” muta in “Un uomo vero rispetta e collabora”, “Stai zitta” diventa “Ti ascolto”.

Il linguaggio che precede il comportamento, o viceversa, in un mondo in cui tutto è comunicazione, è al centro della mobilitazione voluta da White Dove e dalla rete nazionale di centri antiviolenza dedicati agli uomini che vogliono cambiare, Relive. Ma all’iniziativa hanno aderito anche altri soggetti, la Regione Liguria e il Comune di Genova, innanzitutto (erano presenti le assessore Simona Ferro e Cristina Lodi), il collettivo teatrale Generazione Disagio (che in questi giorni ha diffuso un video virale con lo slogan “I panni sporchi non si lavano in famiglia” e altre realtà come Maschile Plurale o l’istituto nautico San Giorgio.

In piazza, tra gli altri, anche il preside della scuola Paolo Fasce, e, tra i volti noti, Beppe Costa, imprenditore ed ex presidente di Palazzo Ducale o l’ex assessore regionale Pippo Rossetti, oltre a professionisti, giornalisti, padri, mariti, pensionati, disoccupati.

“Guardare questa schiera di uomini con tutti i cartelli è stato emozionante perché dà l’idea di un qualche cosa che si sta mettendo in moto – continua Sica – abbiamo avuto un sacco di risposte, anche al di là delle adesioni fisiche, abbiamo avuto ringraziamenti da parte delle donne e uomini che hanno detto ‘finalmente’, noi uomini restiamo un po’ schiacciati fra coloro che sono individualmente colpevoli di violenza e chi dice ‘no, ma io non sono quello’, invece è una scelta civica di impegno, di responsabilità culturale, nel modo di vivere, nei modi di fare”

“Questa manifestazione – spiega il presidente di White Dove – dà voce a una ricerca maschile di una nuova identità che che sia basata sul rispetto e sulla parità profonda, che è cosa diversa dalla parità di genere. Le frasi che abbiamo letto centrano il punto, siamo responsabili, magari non siamo colpevoli, ma siamo responsabili di un clima, di una modalità tossica di cui siamo intrisi, tutti quanti”.

L’associazione White Dove con il progettov “Lato Oscuro” ha seguito in 12 anni, dalla sua fondazione, oltre 1000 uomini che si erano macchiati di violenza, a vario livello, nei confronti di donne. Lo hanno fatto con un percorso terapeutico collaudato e riconosciuto a livello internazionale. “Riteniamo che si tratti di processi e progetti efficaci, naturalmente come con tutte le cose umane, non al 100%. Ci sono state delle ricadute, ma non abbiamo nessuna notizia che qualcuno che abbia seguito questi percorsi da noi o in altre parti d’Italia abbia commesso femminicidi. Quindi basta anche averne evitato a dare il senso a tutto il lavoro che noi facciamo”, osserva Sica.

Secondo il presidente di White Dove per cambiare davvero le cose, o iniziare a farlo, servirebbero tante azioni individuali e collettive. “Ma non nuove leggi, ne abbiamo già abbastanza ma non servono come deterrente, serve, invece fare incontri strutturati nelle scuole, per esempio sulla gestione della rabbia, e serve che lo Stato si decida a finanziare seriamente una serie di campagne e di attività che vanno in questo senso”.




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