Universitari in casa? Dalle “nonne” sì a metà – Cronaca
BOLZANO. Marisa, 80 anni, ospiterebbe una studentessa in casa anche per la sola compagnia; Corina, che di anni ne ha 96, dice assolutamente no alla convivenza con un estraneo. Carolina, invece, se avesse avuto la possibilità di avere la compagnia di un giovane, non sarebbe andata in una casa di riposo. Sono alcune delle risposte che un gruppo di signore che frequentano il circolo anziani del Centro Auser di piazza Don Bosco danno all’ipotesi di accogliere uno studente o una studentessa in casa, senza chiedere loro soldi, in cambio di compagnia o di piccoli lavoretti domestici.
Per l’esattezza Marisa Vettore spiega che vive in una piccola casa Ipes, e teme che questo potrebbe essere un impedimento all’accoglienza, «inoltre più di un divano non potrei offrire. Ho una figlia che mi abita vicino e mi aiuta tanto – dice – ma se avessi qualcuno con cui parlare di più mi farebbe piacere».
Corina Piffer è di tutt’altro avviso. Anche lei vive in una casa Ipes «e mi hanno fatto storie anche quando ho ospitato mia figlia», ha detto, ma ha anche aggiunto che non ospiterebbe perché «con una persona che non conosco devo cambiare abitudini». Graziella Cavicchio, di 85 anni, vive in una struttura e, certamente, non può ospitare «ma se vivessi in una casa accoglierei una giovane. I figli hanno ciascuno la propria famiglia e io, così, avrei avuto qualcuno con cui parlare e condividere storie».
Cristina Pesce, 70 anni, vive con il figlio «quindi non ho bisogno di compagnia e se non ci fosse lui – dice sicura – preferirei la casa di riposo perché» avere qualcuno in casa «significa cambiare tutte le mie abitudini».Giusy Magliano, 83 anni, invece sostiene che andare in una casa di riposo, come ha fatto lei, comporta già un cambio di abitudini, quindi «sì, se abitassi da sola sarei ben disposta ad accogliere un ragazzo o una ragazza».
Carolina Luchino, 73 anni, invece dice che avrebbe «ospitato con il cuore. Vivo in casa di riposo da tanti anni perché non sopportavo stare da sola, ma se avessi avuto la compagnia di un giovane o una giovane sarei rimasta a casa. Non mi spaventa l’idea perché mia madre e mio padre, quando ero bambina, già ospitarono per tre anni il compagno di scuola di mio fratello per non farlo viaggiare, dato che abitava in montagna».
Angela Bianchi, 84 anni, lo esclude: «Ho un figlio che a volte viene a trovarmi e devo mantenere la casa libera e a disposizione». Maria Teresa Valentinelli, di 80 anni, vive con una figlia «altrimenti avrei accolto uno studente. Ho un nipote che studia a Verona e so quali difficoltà incontrano gli studenti fuorisede».Quello dell’Home sharing a Bolzano, potrebbe costituire una soluzione anche se parziale alla penuria di case, soprattutto per gli studenti universitari. Il Movimento universitario Altoatesino (Mua), ha calcolato che in media uno studente dell’Unibz spende 550 euro al mese per una stanza.
Per contro, Bolzano svetta nella graduatoria sulla qualità della vita degli over 65. Giovani studenti in cerca di alloggio e anziani in cerca di compagnia sono due esigenze che possono incontrarsi e rispondersi a vicenda. Ne è convinta Gaia D’Inzeo, neo laureata in Eco-Social Designer che, collaborando con il Mua, ha puntato la sua tesi di laurea proprio sull’argomento. «L’idea è quella di sviluppare un prototipo coinvolgendo i gruppi target, cioè le parti che andranno a utilizzare questa forma di housing sociale» dice D’Inzeo.
Il prototipo di Home sharing prevede che «una persona anziana metta a disposizione di uno studente uno spazio del suo appartamento, in cambio di compagnia o anche di qualche lavoretto. Un rapporto tra le due parti che può essere regolamentato da un ente terzo che fa da piattaforma per far incontrare la domanda e l’offerta, ma che faccia anche da moderatore tra le due parti».
Il Mua, quindi, potrebbe essere questa interfaccia anche se, al momento, il Movimento è fortemente impegnato nella ricerca di alloggi con affitti calmierati “ma ci piacerebbe implementare anche questo aspetto” dice Luciano Di Francesco, dipendente del Mua. «La comunicazione e l’avvicinamento – conclude – è la cosa più complicata perché bisogna superare i timori di mettersi in casa un completo sconosciuto».




