Puglia

Università di Bari, il pane con lievito madre lascia una “firma” unica

Un team di ricercatori della Sapienza, dell’Università di Bari, parte dell’infrastruttura di ricerca METROFOOD-IT ha individuato la traccia caratteristica e infalsificabile del pane fatto con il “lievito madre”. Il risultato, pubblicato sulla rivista Food Chemistry, servirà a creare modelli di autenticazione a garanzia della sicurezza e della qualità dei prodotti agro-alimentari. Non sarà solo l’etichetta a certificare gli ingredienti o la qualità di un prodotto della nostra tavola. È in arrivo infatti una firma spettroscopica, segno unico e inequivocabile delle caratteristiche e delle proprietà dei cibi, che contribuirà ad assicurare al consumatore finale, ma anche a chi produce e distribuisce, uno standard qualitativo elevato e costante.

A rivelarlo uno studio condotto sul pane a lievitazione naturale, pubblicato dalla rivista scientifica Food Chemistry a firma dei gruppi di ricerca guidati da Cesare Manetti e Carlo Giuseppe Rizzello della Sapienza di Roma, in collaborazione Erica Pontonio e Giuseppe Perri dell’ Università di Bari Aldo Moro, nell’ambito di METROFOOD-IT, infrastruttura di ricerca coordinata da ENEA.

I ricercatori sono riusciti a “decifrare” e riconoscere la “firma” del pane fatto con il lievito naturale ricorrendo a un’applicazione del metodo spettroscopico, basato sull’interazione delle onde elettromagnetiche con la materia. Si tratta di un metodo non distruttivo (il campione infatti non viene necessariamente perso), e di semplice utilizzo attraverso apparecchiature portatili di analisi che forniscono risposte automatiche a fronte di confronti in database. Lo studio si è avvalso in particolare di un’applicazione della spettroscopia nel vicino infrarosso (NIR), insieme a modelli statistici applicati alla chimica e alla biochimica e all’analisi dei dati riguardanti le biotecnologie di produzione dei prodotti da forno.

Cosa succede quando un raggio infrarosso passa attraverso una fetta di pane? Lascia una traccia, rappresentabile con una curva che corrisponde alle vibrazioni delle molecole le cui oscillazioni sono condizionate dalle caratteristiche della materia. La curva quindi può essere interpretata come una firma, le cui lettere e la modalità con cui sono scritte, dipendono non solo dalle vibrazioni delle molecole, ma anche dalla loro interazione e dalla struttura microscopica della fetta di pane, determinata dal processo tecnologico/biotecnologico che caratterizza quella produzione.

Per la complessità delle interazioni la traccia andrà quindi a identificare in modo inequivocabile un determinato prodotto, diventando uno strumento utile ad accertarne l’autenticità, nonchè lo standard qualitativo elevato e costante. Infatti gli attributi di qualità non sono legati esclusivamente agli ingredienti, ma anche ai processi tecnologici (tipologia di strumenti utilizzati nella trasformazione: macine, forni o altro) e biotecnologici (intervengono spesso fenomeni fermentativi nelle produzioni dove il particolare microorganismo esprime capacità diverse di biotrasformazione delle molecole del substrato naturale).

In un futuro prossimo, sarà centrale la condivisione sempre più estesa delle “firme spettroscopiche” per la creazione di database di riferimento finalizzati a produrre modelli di autenticazione di altri prodotti. Questo approccio sarà sempre più utilizzato in vista della creazione di veri “passaporti del cibo”, a tutela delle eccellenze enogastronomiche, dove le “firme spettroscopiche” costituiranno le “foto” del cibo inalterabili.




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