UNICAL VOICE – Le stelle cadenti e la fatica di diventare grandi
Il racconto di una neo laureata alle prese con la sua nuova vita, durante la sua prima estate senza sessione d’esami. Sullo sfondo: la notte di San Lorenzo.
Disclaimer: Quella a seguire è un’opera di fantasia.
Settimana lunga, lunghissima. Ti sei appena laureata e con molta fortuna hai già un lavoro, un privilegio di questi tempi. Passi le giornate tra ufficio, casa e una lista infinita di cose da fare che si allunga mentre dormi. Quando dormi.
Eppure, eccoti qui. È la notte di San Lorenzo, hai visibilmente bisogno di una pausa da tutto e tutti e qualcuno ti ha convinta a rinunciare alla comodità del tuo divano dopo una giornata fuori per un falò sulla spiaggia.
“Dai, vieni, che ti fa bene” ti dicono i tuoi amici. E come fai a non cedere a mare, falò, marshmallow e pizza. Magari ci scappa anche una birra, che è tanto che non ne tocchi una.
Ti ritrovi seduta su un telo con una bottiglia in mano, i piedi nella sabbia e la testa finalmente vuota. Alzi gli occhi pensi che solo qualche mese fa eri ancora una studentessa. Fino all’anno scorso la notte delle stelle cadenti era un appuntamento fisso con desideri solidi e incredibili.
Tra risate e discorsi profondi e un po’ complottisti sulla filosofia, la religione, gli alieni ricordi quanti progetti creativi e visionari sotto quel cielo: la laurea, quel viaggio in Giappone di cui parli da una vita, riabbracciare persone care, il lavoro dei sogni, magari anche l’amore vero e sano.
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Quest’anno questa notte però ha un sapore diverso. È l’aria di mare? Non sarà mica per il cambiamento climatico e l’inquinamento. No, è solo che la vita da adulta è iniziata, forse prima di quello che ti aspettavi, o che speravi. Tutto sembra diverso, eppure la magia del cielo è la stessa di sempre. Vivi ancora sotto quelle stelle. Vedi ancora la stessa luna di un anno fa, di dieci anni fa, quando lo desideravi tanto questo momento di indipendenza.
Ma ora, con la nostalgia, la spensieratezza, un po’ te ne penti e ti autodiagnostichi una sindrome di Peter Pan che hai sempre sospettato di avere. “Vorrei tornare a quando l’estate era sinonimo di libertà, di lunghi viaggi, di tramonti e di albe”, pensi mentre una stella cadente squarcia il cielo nero sopra i tuoi occhi lucidi.
Eppure, sotto questo cielo che cade a pezzi di luce, ti accorgi che alla fin fine certe cose non cambiano. Certe emozioni sono ancora lì, devi solo riaprire loro la porta. C’è sempre qualcuno che urla “ne ho vista una!” prima di esprimere il suo desiderio. C’è sempre quel silenzio magico, in cui anche i più cinici alzano lo sguardo e ci credono.
È vero, hai una quotidianità più impegnativa, ma lo sai che ti piace. Ti sei laureata, hai dato il massimo, ti sei presa molte soddisfazioni. I viaggi che desideravi non sono più solo sogni a voce alta: sono appunti nelle note del telefono, pronti a diventare realtà alla prima occasione. E l’amore? Quello cammina con i suoi tempi, ma intanto ti godi le persone intorno al fuoco, senza fretta, per una volta. Per una notte.
Diventare adulti non è come sembra quando siamo al liceo. Non è proprio quel “fare come voglio, quando voglio”, è un accumulo di piccole fatiche e responsabilità a cui dar conto. Ma serate così ti ricordano che ogni tanto puoi mettere in pausa tutto e startene lì, in pace, a guardare il cielo che scivola via.
Mentre il cielo si illumina di scie luminose, ti rendi conto che crescere non significa smettere di sognare, ma imparare a farlo con i piedi per terra e lo sguardo in su per poterlo realizzare. E forse, stavolta, non serve nemmeno esprimere un desiderio. Forse basta essere qui.
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