Undead Nightmare ha ancora qualcosa da dire?
Ci sono videogiochi che restano impressi nella memoria per le emozioni che sanno regalare, e altri che si fanno ricordare per l’audacia con cui sfidano le regole del genere. Undead Nightmare, espansione stand-alone di Red Dead Redemption, è entrambe le cose.
Uscita nel 2010 come contenuto aggiuntivo ma capace di vivere di vita propria, questa folle deviazione in salsa horror ha trasformato il selvaggio West in un’apocalisse zombi, ribaltando ogni aspettativa.
Ma oggi, quindici anni dopo, ha ancora senso rimetterci mano? Oppure si tratta di un prodotto figlio del suo tempo, superato nei ritmi e nei contenuti?
L’orrore secondo Rockstar
Prima di tutto, va ricordato il contesto. Undead Nightmare arrivava in un periodo in cui i DLC iniziavano a farsi strada con forza nel mercato, spesso accusati di essere meri contenuti tagliati dal gioco base. Rockstar, invece, decise di osare: scelse di rimescolare le carte con un’ambientazione horror grottesca e caricaturale, lontana dalla sobrietà malinconica di Red Dead Redemption.
Il risultato? Un John Marston che, pur restando coerente con se stesso, si ritrova a combattere orde di non-morti in un West infestato da creature leggendarie e rituali esoterici. Un cambio di tono audace, ma che funziona proprio perché non tradisce l’essenza del personaggio né quella del mondo di gioco. Undead Nightmare è un enorme what-if narrativo, e come tale si prende tutte le libertà del caso.
Gameplay rinnovato, con qualche compromesso
Dal punto di vista ludico, l’espansione introduce modifiche sostanziali. Le città non sono più semplici hub, ma roccaforti da salvare (e che possono ricadere sotto attacco). Le munizioni diventano risorse scarse, il ritmo si fa più serrato, anche se la ripetitività può emergere nella seconda metà del gioco, specie se ci si dedica a tutte le missioni secondarie.
Il combattimento, per quanto non rivoluzionato, acquista un gusto più arcade: i non-morti vanno abbattuti con colpi precisi alla testa. Non mancano poi nuovi cavalli leggendari, armi strane e incontri soprannaturali. È chiaro che Rockstar si sia divertita, e questa leggerezza contagia anche il giocatore.
Fascino cult e identità unica
Ciò che rende Undead Nightmare ancora oggi degno di nota è la sua identità unica nel panorama dei contenuti extra. Si tratta di un omaggio ai B-movie horror e ai racconti pulp, inserito in un mondo già di per sé affascinante.
Anche tecnicamente, sebbene datato rispetto agli standard attuali, il gioco regge sorprendentemente bene. Certo, non aspettatevi la cura maniacale del secondo capitolo della saga, ma le atmosfere sono ancora potenti, grazie anche alla colonna sonora e a una direzione artistica che non ha paura di esagerare.
Allora, ne vale la pena?
La risposta è un deciso sì – ma con qualche asterisco. Undead Nightmare va affrontato con lo spirito giusto: quello di chi cerca un’esperienza diversa, magari un po’ vintage, capace di sorprendere senza prendersi troppo sul serio. È un viaggio parallelo, fuori continuità, che mostra cosa può accadere quando uno studio di sviluppo si prende la libertà di giocare con il proprio mondo narrativo.
Per chi ha amato Red Dead Redemption, è quasi un passaggio obbligato. Per chi invece si avvicina oggi al titolo per la prima volta, può essere una piacevole deviazione dopo aver completato la campagna principale. In ogni caso, Undead Nightmare resta un piccolo cult, forse sottovalutato, che merita ancora oggi di essere riscoperto – soprattutto in un’epoca in cui il concetto di espansione sembra sempre più omologato e prevedibile, con qualche eccezione.
Peccato solo che Rockstar non abbia mai ufficializzato un seguito di questa espansione da associare al secondo capitolo. Ma, sembra che qualcos’altro stia bollendo in pentola per quanto riguarda l’avventura di Arthur Morgan.
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