Una sparatoria a Manhattan, uno studio inquietante della Boston University, i silenzi della NFL: il lato oscuro dello sport più amato d’America
Manhattan, 29 luglio 2025. Un uomo attraversa silenziosamente la hall di un edificio che ospita, tra gli altri, gli uffici della National Football League (NFL). Si chiama Shane Devon Tamura, ha 27 anni e in tasca porta una lettera scritta a mano. Tre pagine, una richiesta: “Mi dispiace. Per favore, studiate il mio cervello”. Pochi minuti dopo, la tragedia. Tamura impugna un fucile, apre il fuoco e uccide quattro persone prima di togliersi la vita. Il bersaglio, secondo quanto emerso, era proprio la NFL. La sua accusa: essere responsabile della malattia che lo stava consumando, l’encefalopatia traumatica cronica (ETC).
Questo episodio ha riportato sotto la lente d’ingrandimento globale il lato oscuro del football americano: quello fatto di impatti, traumi e vite spezzate. La ETC è una condizione neurodegenerativa silenziosa e implacabile, causata da ripetuti traumi cranici. L’accumulo anomalo della proteina tau danneggia vasi sanguigni e connessioni neurali, compromettendo memoria, umore e autocontrollo. Spesso sfocia in demenza e la diagnosi (per ora) è possibile solo dopo la morte. Inizialmente identificata nei pugili, la malattia è stata riscontrata in diversi atleti che praticano discipline sportive di contatto, ma è il football americano a detenere il primato dei casi noti. E nonostante l’evoluzione della tecnologia e l’uso dei caschi protettivi, la verità è brutale: la protezione è spesso insufficiente. Più a lungo si gioca, più alto è il rischio. E chi inizia da bambino – come Tamura, che aveva cominciato al liceo – parte già svantaggiato.
La scienza conosce la ETC da tempo, ma la consapevolezza pubblica è arrivata solo dopo una lunga battaglia. Una svolta chiave avvenne nel 2002, quando morì Mike Webster, leggenda dei Pittsburgh Steelers. Il suo cervello fu analizzato dal neuropatologo Bennet Omalu, che individuò le tracce inequivocabili della malattia. I risultati furono inizialmente rifiutati dalla NFL, ma aprirono un fronte giudiziario e mediatico che ancora oggi fa discutere. Di quella storia si è parlato in tribunale, nelle aule del Congresso e persino al cinema, con Zona d’Ombra, film di successo in cui Will Smith interpreta proprio Omalu. Dopo anni di negazioni e oltre 4.500 cause legali, la NFL fu costretta ad ammettere il legame tra football e ETC. Ma anche allora, si guardò bene dal prendersi la responsabilità piena, delegandola piuttosto all’assistenza medica delle singole squadre. Il risarcimento? Un accordo storico da 765 milioni di dollari con gli ex giocatori, ma senza alcuna ammissione ufficiale di colpa.
Eppure di casi celebri che hanno contribuito a portare all’attenzione pubblica il legame tra ETC e football ce ne sono a bizzeffe: Dave Duerson, Junior Seau, Aaron Hernandez, Phillip Adams. Tutti suicidi. Tutti ex giocatori. Tutti affetti da ETC. Dal 2008 a oggi, la Boston University ha esaminato 376 cervelli di ex giocatori e la ETC è stata riscontrata in 345 casi. Al contrario, i ricercatori hanno riscontrato un solo caso di ETC in un sondaggio condotto nel 2018 tra la popolazione generale. Anche quel campione proveniva da un ex giocatore di football universitario. Nel tentativo di tamponare la crisi d’immagine e il calo di iscrizioni giovanili, la NFL ha introdotto nuove regole, limitato alcune collisioni, e promosso con forza il flag football (una variante senza contatto) che andrà in scena alle Olimpiadi di Los Angeles 2028. Ma il problema esiste ancora: il football, nella sua forma tradizionale, espone chi lo pratica a un rischio altissimo. Diversi stati americani hanno provato a vietarlo ai bambini sotto i 12 anni, ma poche proposte sono diventate legge. La cultura del football è troppo radicata, troppo potente, troppo economicamente rilevante. La Lega sta cercando di mettere delle pezze a una problematica nota da tempo, ma sulla quale non c’è ancora una soluzione definitiva. E così, nel cuore di Manhattan, anche Shane Devon Tamura è arrivato al suo tragico epilogo. Nella lettera trovata nella sua tasca diceva di sentirsi impotente di fronte alla sfida contro la NFL. Un sentimento che è ancora tristemente condiviso.
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