Ambiente

Una nuova geopolitica dell’export per difendere le nostre imprese

Le nuove misure tariffarie annunciate dagli Stati Uniti – dazi fino al 25%, per ora sull’automotive – riaccendono un nodo strategico per l’economia italiana: come tutelare e riposizionare il nostro export in un contesto globale che si sta rapidamente ristrutturando, anche su basi geopolitiche.

La questione riguarda soprattutto il cuore della nostra manifattura: le piccole e medie imprese, che non hanno e non possono avere, per diverse ragioni, sedi produttive all’estero, ma che vendono direttamente o indirettamente sui mercati internazionali. È un tessuto produttivo spesso esposto, talvolta privo degli strumenti per leggere in tempo reale i mutamenti in atto. Ed è proprio da questo tessuto che arriva oggi una richiesta chiara: serve orientamento. Serve una bussola per affrontare con lucidità le nuove dinamiche commerciali globali.

L’Italia ha un rapporto storico con gli Stati Uniti: parliamo di un mercato che circa 70 miliardi di euro per il nostro export, con settori chiave come macchinari (19,8%), farmaceutica (15,5%), mezzi di trasporto (12,3%), alimentare (12%) e moda (8,6%). Ma la possibile estensione dei dazi a comparti ad alto valore aggiunto ci impone di ripensare le strategie.

Una prima risposta è la diversificazione. In Cina, ad esempio, l’export italiano si concentra su settori molto simili (abbigliamento, macchinari, farmaceutica), a conferma che esistono alternative in grado di assorbire parte delle perdite potenziali negli Usa. La domanda di beni di qualità nei mercati asiatici è in crescita costante, così come l’interesse della Cina per un rafforzamento dei rapporti con l’Europa. Non a caso, un recente sondaggio della Camera di Commercio Italiana in Cina mostra che la maggior parte delle imprese italiane considera questo mercato una priorità strategica, puntando su innovazione, digitalizzazione e sostenibilità per rafforzare la propria presenza.

Da est a ovest, ache il Canada, grazie al Ceta, si conferma un partner promettente: l’Italia esporta qui circa 8 miliardi l’anno in settori come farmaceutica, alimentare, macchinari, cosmetica e automotive – ancora una volta, comparti sovrapponibili a quelli Usa. Questo ci dice una cosa chiara: non possiamo più ragionare solo in termini di mercati, ma di aree geopolitiche, sistemi normativi, alleanze economiche di lungo periodo.


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